Centrale, l'accoltellatore resta in cella «Hosni non è pazzo e non si è pentito»

Il gip convalida l'arresto e boccia la richiesta di perizia psichiatrica

Milano Nessun pentimento, troppi «non ricordo». E zero dubbi sulla capacità di intendere e volere. Per questo, e perché c'è il rischio che colpisca di nuovo, Ismail Tommaso Hosni deve rimanere in cella. Ieri il gip di Milano Manuela Scudieri ha convalidato l'arresto e ordinato la custodia in carcere per le accuse di resistenza a pubblico ufficiale e tentato omicidio nei confronti del giovane italo-tunisino che giovedì sera ha ferito a coltellate due militari e un agente della Polfer. Il giudice ha accolto la richiesta del pm Maura Ripamonti.

«Non ha mostrato alcuna forma di rivisitazione critica del fatto commesso» e invece «assume di non ricordare», scrive il gip in un passo del provvedimento. Per Scudieri, quella del carcere è l'unica misura «adeguata e proporzionata alla gravità dei fatti». Ci sono infatti il «pericolo di reiterazione del reato» e il «concreto» pericolo di fuga, visto che Hosni ha vissuto molti anni all'estero, in Tunisia. A conferma della pericolosità del ragazzo, assistito dall'avvocato Giusy Regina, c'è anche il fatto che avesse a disposizione «preventivamente» due coltelli. Il gip non ha giudicato verosimile la versione data dal 20enne nell'interrogatorio a San Vittore di domenica, quando ha spiegato di non ricordare nulla dell'aggressione perché quella sera aveva preso cocaina. Era in effetti risultato positivo al test tossicologico. Hosni si trova in una cella singola e sotto stretto monitoraggio nel reparto di osservazione psichiatrica del carcere milanese. Il suo difensore ha riferito di averlo trovato «un po' più presente» rispetto alle prime ore dopo il fermo perché sotto terapia.

Il 20enne è anche indagato in un'inchiesta parallela per terrorismo internazionale. I pm titolari di questo filone affidato alla Digos, Alberto Nobili e Alessandro Gobbis, dovrebbero interrogarlo in carcere venerdì. L'ipotesi è che Hosni avesse intrapreso un percorso di radicalizzazione anche grazie ai contatti con persone vicine all'Isis. In particolare con un amico libico, sentito dagli inquirenti insieme ad altri conoscenti, che avrebbe indottrinato l'italo-tunisino. Sul profilo Facebook dell'aggressore sono stati inoltre trovati video e frasi che inneggiano allo Stato islamico. Che il ragazzo ha giustificato dicendo che li ha guardati e postati «per curiosità». Le indagini informatiche stanno cercando di accertare se Hosni abbia risposto all'incitamento di un reclutatore del Califfato via internet. Per questo le verifiche sono in corso anche in una serie di internet point che potrebbe aver frequentato. Il 20enne infatti non possiede un computer. La sua reazione al controllo della pattuglia mista, definita «eccessiva» dal giudice (tra l'altro in quel momento non aveva addosso droga), potrebbe essere stata la messa in atto di un piano o dell'intenzione di compiere azioni violente e dimostrative. Di quelle tipiche dei «lupi solitari» di cui l'Isis si serve in Occidente, dopo averli appunto agganciati online, per seminare terrore.

L'istanza di perizia psichiatrica era stata avanzata dall'avvocato di Hosni.

Anche in virtù del fatto che il suo assistito ha alle spalle un'infanzia e un'adolescenza di abbandono e degrado. Il giudice ha però respinto la richiesta, ritenendo non necessaria la perizia e valutando che il giovane fosse capace di intendere e volere al momento dell'accoltellamento.

CBas

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