Elezioni politiche 2022

Centrodestra unito dagli elettori: cambiano partito ma non coalizione

I flussi elettorali mostrano che c'è stato un travaso di consensi da Lega a Fdi e che Calenda toglie voti al Pd. Mannheimer: chi ha scelto il Cav gli è rimasto fedele

Centrodestra unito dagli elettori: cambiano partito ma non coalizione

«Il centrodestra ha un elettorato che lo segue, è compatto ma anche mobile perché i voti restano sostanzialmente sempre gli stessi». Il sondaggista Renato Mannheimer ne è sicuro: la vera forza della coalizione è la compattezza dei suoi elettori che si identificano nel progetto del centrodestra.

«È un elettorato stabile e compatto, ma non identitario perché di identitario non c'è più nessuno, eccetto Forza Italia», precisa Mannheimer. Gli esperti di rilevazioni statistiche, infatti, ipotizzavano che Berlusconi potesse perdere voti a favore di Carlo Calenda ma questo non è avvenuto. «Il leader di Azione ha rubato voti solo al Pd perché gli elettori di Forza Italia sono affezionati al Cavaliere e non si muovono», spiega il sondaggista. Tra la Lega e Fratelli d'Italia, invece, si è verificato un notevole travaso di voti, ma complessivamente il centrodestra è rimasto sulle sue percentuali storiche. Questo è evidente anche sulla base dei recenti risultati elettorali. La vittoria di domenica, infatti, nasce da lontano ed è stata costruita passo dopo passo nel corso degli ultimi cinque anni. Dalle Politiche del 2018 a oggi, la coalizione guidata da Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini ha vinto praticamente tutte le tornate elettorali.

Alle Europee del 2019 il centrodestra sfiorò il 50% dei voti, grazie al boom della Lega che raggiunse il 34% e ai risultati di Forza Italia (8,8%) e di Fratelli d'Italia (6,4%). Ora come ora, il centrodestra governa tutte le Regioni italiane ad eccezione di Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Puglia. Il neo-eletto deputato Nicola Zingaretti sarà, però, costretto a dimettersi e, tra qualche mese, anche il Lazio potrebbe finire al centrodestra.

Anche alle elezioni amministrative il centrodestra, in quest'ultimo quinquennio, ha ottenuto tante importanti vittorie come a Genova, Cagliari, Venezia, Perugia, Trieste, L'Aquila, Potenza e Palermo, solo per citare i capoluoghi di Regione più importanti. La sinistra, dal 2018 a oggi, è riuscita soltanto a confermarsi a Milano, Firenze e Bari e a riconquistare Roma, Torino e Napoli. La vittoria a Verona si può considerare un incidente fortuito dovuto alle divisioni del centrodestra. Nel complesso, il Pd tiene nelle grandi città, ma subisce una grave sconfitta anche in quest'ultima tornata elettorale. «Il Pd perde e rischia di finire come l'asino di Buridano che, non sapendo cosa fare, è morto di fame», spiega Mannheimer.

Nel corso delle varie tornate elettorali, infatti, il centrodestra è stato capace di espugnare storiche roccaforti rosse. Nel 2018 conquista Pisa, la città natìa di Enrico Letta oppure Siena, il capoluogo sconvolto dalle vicende del Monte dei Paschi. Ma, poi, vince anche a Sondrio, Treviso, Vicenza, Udine, Imperia, Massa, Terni, Viterbo, Barletta, Catania e Ragusa. Nel 2019 arrivano le vittorie nella rossa Emilia-Romagna, a Ferrara e a Forlì e complessivamente, il centrodestra conquista 12 capoluoghi di provincia su 28, di cui 2 di Regione (Perugia e Cagliari). Nel 2020 si conferma a Venezia e l'anno successivo a Trieste. Alle Comunali del 2022, al netto delle sconfitte di Roma e Milano, il centrodestra vince in 13 capoluoghi di provincia su 26. A questo va aggiunto il fatto che, dal 2017 a oggi, governa stabilmente città come Sesto San Giovanni che da ex «Stalingrado d'Italia» è divenuta una roccaforte del centrodestra.

Il Pd, insomma, perde le elezioni e arretra nelle Regioni storicamente rosse perché, come spiega Mannheimer, «è diviso in due tra quelli che vogliono fare la sinistra alleandosi con i Cinquestelle e quelli che vogliono fare un partito riformista». Neppure Enrico Letta è riuscito a invertire la rotta tanto è vero che il Pd è primo partito solo in Emilia-Romagna, ma non più nella sua Toscana. O meglio, i democratici toscani mantengono un flebile vantaggio su Fratelli d'Italia solo alla Camera. Questi scarsi risultati, secondo Mannhimer, dipendono dal fatto che «Letta non è riuscito a prendere delle scelte né a fare delle alleanze.

O il Pd sceglie o finisce come i socialisti francesi, cioè muore».

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