Cernobbio, i poteri forti adesso cercano nuovi riferimenti politici

«Orfani» dei vecchi rappresentanti, gli ospiti del Forum aspettano le mosse dei gialloverdi

N el suo intervento davanti alla platea del Forum Ambrosetti Matteo Salvini ieri si è lasciato scappare una battuta maliziosa: «Quando negli anni scorsi venivo qui, alla fine del mio intervento capitava sempre che qualcuno di voi mi allungasse un bigliettino massonico». Un assaggio del nuovo corso, dell'aria diversa che si respira a Villa d'Este.

La platea di Cernobbio, la grande finanza e soprattutto l'establishment europeista, non solo assiste attenta al nuovo potere politico, ma getta anche acqua sul fuoco dei rischi di Italexit o di guerra alla Ue alimentati fino a poche settimane fa dalla Lega e dagli alleati grillini. «La legge di bilancio alla fine sarà relativamente ragionevole e non causerà un attacco speculativo ed una crisi di fiducia», dice uno dei tipici rappresentanti dei cosiddetti poteri forti, l'economista e presidente dell'Osservatorio sui conti pubblici italiani dell'Università Cattolica di Milano, Carlo Cottarelli, aggiungendo che «questo è il motivo per il quale in questi ultimi giorni lo spread è sceso». Certo, alcune promesse fatte dal governo come la Flat-tax e il reddito di cittadinanza, se attuate subito sono «incompatibili con la tenuta dei conti pubblici», commenta Cottarelli, «ma il governo deve comunque fare qualcosa per dare una indicazione alle promesse fatte. E poi molti provvedimenti saranno spalmati negli anni». Lasciamoli lavorare, insomma. Tanto che il presidente di Bnl, Luigi Abete, si spinge addirittura oltre: «La posizione attuale del governo porta a una tranquillità dei mercati». Mentre per un'altra past president di Confindustria, Emma Marcegaglia, oggi presidente Eni, «l'annuncio di un piano italiano di investimenti in Africa fatto da Salvini è una manovra giusta, supportiamo questo progetto».

Si aggiunge la voce dei manager di multinazionali come Stefano Venturi, ad del gruppo Hewlett-Packard Enterprise in Italia: «Se potevamo avere paura, oggi non più. Questo governo ha dimostrato un'attenzione alla tecnologia, fin dalle radici del M5S così come la Lega per gli imprenditori». E Persino Gunther Oettinger, Commissario europeo per il Bilancio, ieri ha smorzato i toni. L'Italia è un pericolo per l'Europa? «No. Aspettiamo e vediamo i numeri che conterrà la manovra». Nessuno lancia l'allarme spread, nessuno contesta pubblicamente il populismo del leader del Carroccio. Perché? Dal televoto all'interno della sala dei lavori emerge che per imprenditori e manager è necessario più federalismo europeo (44,3%), più politiche comuni (46,7%), e solo per l'8,4% più sovranità degli Stati. E sono quasi tutti convinti (il 89,7%) che senza un mercato unico, dell'euro e delle istituzioni europee, i singoli Paesi starebbero male: secondo il 61,9% molto peggio e per il 27,8% peggio. L'uscita dall'euro, quindi, per l'elité dell'Ambrosetti non è immaginabile.

Va però anche detto che gli stessi ospiti dell'evento giunto quest'anno alla sua quarantaquattresima edizione, per la prima volta sono orfani di una rappresentanza politica forte. Finora hanno avuto sempre avuto un centro di gravità permanente attorno a cui orbitare: prima la Dc di Beniamino Andreatta diventata Ulivo con Romano Prodi che si è infine riversata nel Pd; ma anche nel centrodestra, ai tempi del colbertismo del ministro del Tesoro Giulio Tremonti, assiduo frequentatore del Forum Ambrosetti. Ora il Pd oscilla sul 17% nei sondaggi, Forza Italia sotto al 10%. Così il quadro è drasticamente cambiato.

E in questa fase di transizione, alla scoperta del pianeta gialloverde ieri sono partiti i primi applausi spontanei per la versione «responsabile» di Salvini. Del resto, che poteri forti sono se il potere non potranno più esercitarlo?

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