
"Il nostro sistema fiscale grava perlopiù sul ceto medio, mentre evasione ed economia sommersa pesano sull'intera collettività. È questa la stortura che mina la sostenibilità del welfare e la coesione sociale". A dirlo è Stefano Cuzzilla, presidente di Cida, Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità.
Non crede che la tassazione in Italia sia troppo elevata?
"Il problema non è che tutti paghino troppo, ma che pochi paghino per tutti. Quasi un cittadino su due non versa nemmeno un euro di Irpef, e così poco più di un quarto dei contribuenti si fa carico da solo di quasi l'80% dell'imposta".
I dati sono così allarmanti?
"I dati del Mef e dell'Agenzia delle entrate parlano chiaro: nel 2024, su una popolazione di 59 milioni di italiani, solo 42,6 milioni hanno presentato la dichiarazione dei redditi. Ma non solo. A versare almeno un euro di Irpef sono 33,5 milioni di residenti, poco più della metà degli italiani. E, come se non bastasse, su quei 42,6 milioni di dichiaranti, il 76,9% dell'intera Irpef è pagato da circa 11,6 milioni di contribuenti, mentre i restanti 31 milioni versano appena il 23%. È il segno di un Paese dove il ceto medio si assottiglia e la base fiscale si restringe, con effetti diretti sulla sostenibilità del welfare e sulla tenuta del sistema".
Che conseguenze ha un sistema così sbilanciato?
"Il problema principale è che tre quarti dei cittadini, messi insieme, non coprono neppure i costi per la sanità, l'assistenza e l'istruzione. Più del 90% del gettito Irpef viene assorbito dal welfare assistenziale, lasciando solo le briciole ai settori più importanti come la scuola, la giustizia, la sicurezza e la crescita. Per finanziare lo sviluppo restano così soltanto le imposte indirette, le accise o, peggio ancora, il debito pubblico".
Perché questo squilibrio rischia di diventare un problema per l'intero sistema?
"Perché quando il peso del fisco resta concentrato su una minoranza, si incrina il principio di corresponsabilità che tiene insieme un Paese. Il fisco dovrebbe essere uno strumento di equilibrio, ma oggi finisce per ampliare le disuguaglianze. Questo genera fratture non solo sociali, ma anche produttive: chi crea valore si sente penalizzato, mentre chi resta ai margini è sempre più distante dal contributo collettivo. Così si indebolisce la spinta a restare e a costruire, soprattutto tra i giovani, che vedono premiato troppo spesso chi si sottrae invece di contribuire".
Il governo presenterà la legge di bilancio. Secondo lei, su cosa dovrebbe puntare?
"Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha riconosciuto la necessità di concentrarsi sul ceto medio. Non ci aspettiamo miracoli, ma è nei momenti di scarsità che si misura il coraggio della politica. Serve un cambio di paradigma: basta bonus effimeri, servono scelte di lungo respiro. Bisogna sostenere quella parte del Paese che lavora, produce e tiene in piedi il sistema.
Ridarle fiducia, creare nuove opportunità per i giovani, costruire un fisco che non sia più una ferita ma un patto di equità. Solo così potrà tornare ad essere ciò che deve: l'alleato della crescita e della coesione sociale. È da qui che può ripartire il futuro dell'Italia".