Niente lotta, molto governo: la Cgil di Maurizio Landini (e di colei che ne ha consentito l'elezione, ossia la sua predecessora Susanna Camusso, sempre molto attiva dietro le quinte) scende in campo per blindare l'esecutivo giallorosso presieduto da Conte.
Così si spiega l'intervista al leader cigiellino lanciata ieri con gran clamore da Repubblica, che ci ha aperto il giornale, nella quale Landini lancia l'appello per una «grande alleanza» tra sindacati, imprese ed esecutivo, per evitare che l'Italia «si sbricioli sotto i colpi di un processo di deindustrializzazione». La diagnosi è chiara: «rivoluzione digitale» ed emergenza ambientale «stanno cambiando il modo di produrre e lavorare», e occorre costruire «una visione comune del futuro del Paese: dal fisco alla pubblica amministrazione, dalla crisi dell'industria al welfare state». Con l'obiettivo di «governare la transizione verso un nuovo modello di sviluppo ecocompatibile ma anche la trasformazione tecnologica». Il come resta però assai fumoso: le uniche proposte chiare sono l'abolizione dell'unica recente riforma del lavoro che abbia prodotto qualche risultato, ossia il Jobs Act dell'odiato Renzi, e l'ingresso massiccio dello Stato nell'economia, al posto degli investitori privati in fuga dal caos italiano.
A stretto giro di posta, il segretario del Pd Zingaretti accoglie con entusiasmo la proposta: «C'è bisogno di una visione condivisa, come sottolinea Landini, di un progetto tra governo, organizzazioni sindacali e imprese per salvare l'Italia», dice, e dunque -appena chiusa la sessione di bilancio - bisognerà «lavorare con il Presidente Conte ad una nuova Agenda 2020, per riaccendere i motori dell'economia». E di avere calda calda nel cassetto una «agenda» di mirabolanti cose da fare nei prossimi anni lo fa trapelare anche Palazzo Chigi, che - si fa sapere - non vede l'ora di concordarla con le parti sociali.
Il cerchio si chiude: l'intervista di Landini è una risposta indiretta a quelle richieste di aiuto che il premier in difficoltà sta lanciando anche al sindacato: «Se non si rilancia questo governo, arriva Salvini», è l'allarme che viene ripetuto. E raccolto. Landini, del resto, aveva già in agosto dato il proprio avallo alla nascita del Conte bis senza Lega, e applaudito al cambio della guardia nel Pd, con l'archiviazione della stagione renziana e il ritorno dei post Ds alla guida del Nazareno. E con i Cinque stelle la Cgil ha avuto lunghi periodi di idillio e comune sentire (vedi caso Ilva) che la portarono ad astenersi dalle mobilitazioni contro il precedente governo Conte. Figurarsi ora che grillini e Pd stanno insieme.
Un'esponente dem come Valeria Fedeli, ex Cgil di ala riformista ed ex ministra, apprezza lo sforzo landiniano: «Rilancia l'idea fondamentale che il sistema paese debba reagire insieme alla crisi e lavorare ad una prospettiva di lungo termine, invece di inseguire le emergenze». Plaude ad un'apertura tutta nuova del segretario Cgil «all'applicazione dell'articolo 39 della Costituzione, per dare finalmente ai sindacati (come ai partiti con l'articolo 49) un'organizzazione democratica e trasparente». Ma critica «le bandierine che Landini pianta: non puoi entrare in una trattativa del genere dicendo che la prima cosa da fare è abolire il Jobs Act. Vuol dire non avere una visione del senso del confronto. Ma anche nel Pd lo seguirebbero in pochi, su questo».
Nel sindacato però fanno notare che il governismo di Landini gli crea problemi anche in casa.
Il leader Cgil, un tempo sempre in piazza, sta resistendo contro le proposte di sciopero generale arrivate sia dai sindacati dei pensionati che dai metalmeccanici, per non creare difficoltà a Conte. «Siamo imbalsamati sul governo», lamentano da più parti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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