«Niente paura non moriremo piddini, tra sette mesi vinciamo», mi dicono entusiasti molti amici. Ma mi viene subito da replicare: noi chi? (E anche, volendo, «cosa» si vince?). Non molti forse si sono resi conto che il centrodestra, nato nel 1994 e costruito attorno a Berlusconi, è morto definitivamente la settimana scorsa. Si può andare ognuno per sé, con il proporzionale, e poi ritrovarsi dopo le elezioni, come succede in Germania, in Spagna e in moltissimi Paesi - ed è quello che probabilmente accadrà. Oppure si può cercare di ricostruire l'alleanza, anche se il progetto è sensato solo se rimane questa legge elettorale, che poi è un proporzionale mascherato da maggioritario. Salvini e Meloni si sono subito detti interessati a comporre un nuovo patto e la proposta di partito o federazione repubblicana avanzata dal primo va in quella direzione. Anche Giorgia Meloni ha detto che intende «rifondare» il centrodestra. Ma, certo per la nostra limitata fantasia, non riusciamo a capire cosa questo verbo voglia dire, soprattutto se poi la presidente di Fratelli d'Italia aggiunge di essere tentata di andare da sola. Ora questo vuol dire cercare di trasformare Fdi nel partito a vocazione maggioritaria della destra, come fu il Pdl un tempo, e quindi correre da soli? Con l'attuale Rosatellum, significa riuscire a totalizzare tra il 35% e il 40% dei consensi, cosa che non è mai riuscita al Pd dei tempi d'oro, pure un partito ramificato nello Stato e nella società, e neppure ai 5 stelle, che si presentavano come forza di protesta assoluta. Inoltre, per raggiungere questo risultato, Fratelli d'Italia dovrebbe diventare a sua volta partito del malcontento, l'emblema dell'altra Italia, contro quella di Draghi. Di proteste ve ne saranno molte nei prossimi mesi, ma poi la radicalizzazione assoluta non porterebbe alla fuga gli elettori moderati? E poi tutto ciò sarebbe in linea con l'identità conservatrice (non sinonimo di moderatismo, ma neppure di estremismo) che Meloni sta fornendo a Fratelli d'Italia? Anche il Financial Times di due giorni fa ha scritto che potrebbe diventare premier: dopo però averla definita di «estrema destra» e aver espresso toni preoccupati. E questo sarebbe solo un assaggio di come reagirebbe l'establishment internazionale in una campagna elettorale tipo Giorgia contro tutti. L'altra ipotesi è quello appunto di rifondare il centrodestra: ma, se questa parola ha un senso, e non potendo Fdi creare altri partiti «fratelli», vuol dire tornare a parlare con la Lega e con Forza Italia. Che, però, se la prospettiva sarà quella di una destra delle piazze e della protesta, scapperà a gambe levate. Cosi come gli eventuali alleati faranno ancora più fatica ora a capire certe azioni della Meloni che, nel recente passato, sono sembrate più finalizzate a massimizzare il consenso, come si è visto nella partita del Quirinale, in cui la preferenza più o meno celata per Draghi finiva per collidere con le intenzioni di Berlusconi e di Salvini.
Quello che non bisogna dimenticare infine è che il vento di destra, che aveva cominciato a soffiare forte dal 2016 (Trump e Brexit) oggi pare spento, mentre sta vincendo ovunque (ultimo il Portogallo) la sinistra: non pare insomma la fase di spallate antisistema, soprattutto dopo la pandemia. E infatti la nostra nazione, come le altre europee, non ricerca lacerazioni e toni da guerra civile. Un discorso molto conservatore questo, che un partito di conservatori italiani siamo sicuri saprà ascoltare.
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