In chiesa 23mila musulmani «Con voi contro la barbarie»

Da Nord a Sud imam e fedeli a messa con i cattolici: «Siamo a casa». Ma la percentuale è bassa: solo l'1,5%

L e preghiere. Lo scambio di doni. Gli abbracci. L'Islam italiano supera per la prima volta un muro impastato di diffidenza se non di ostilità e va a portare il suo saluto di pace e solidarietà ai cattolici tricolori. Da Nord a Sud è un susseguirsi di messe domenicali aperte ai rappresentanti del mondo musulmano, come mai era accaduto nel nostro Paese. Lo stesso spettacolo di speranza visto in Francia, dove gli imam hanno deciso di dare una risposta forte al massacro di Rouen. E sono andati, città per città, nelle chiese per pregare insieme «ai fratelli cattolici».

D'altra parte quel che era successo, la morte spaventosa di padre Jacques Hamel, sgozzato sull'altare da due fanatici dell'Isis, imponeva un salto di qualità nelle relazioni, storicamente tiepide per non dire peggio, fra i due mondi. Molti analisti in questi mesi di crescente terrore avevano denunciato il silenzio sempre più fragoroso di gran parte del mondo islamico davanti allo scempio senza fine compiuto dai macellai dell'Islam radicale. Ci attendevano parole nette e chiare per marcare la distanza da quelle fazioni estremiste che predicano morte e violenza in nome di Allah. Ora, sia detto senza retorica e trionfalismi, quel percorso è iniziato, anche se il cammino sarà lungo e faticoso. «È un primo passo - dice ad Avvenire il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei che interpreta in modo molto positivo la domenica di fine luglio - Non sempre abbiamo sentito una reazione corale, ora invece questo si sta creando. È vero infatti che il mondo musulmano è abbastanza frammentato per motivazioni di carattere teologico, che non ci competono, ma su questo punto fondamentale di condanna della barbarie si può essere tutti d' accordo. E mi pare che si vada in questa direzione».

Cartoline di pace e di dialogo interreligioso, dunque, da un capo all'altro altro della penisola. A Terni, nella chiesa del Sacro Cuore, la cerimonia si è chiusa con un abbraccio fra il vescovo Giuseppe Piemontese e l'imam Elachmi Mimoun. Dopo la preghiera congiunta, i due si sono anche scambiati doni: al capo della comunità cristiana è stato regalato un Corano, in lingua araba e italiana; l'imam ha ricevuto un quadro del Cantico delle creature di San Francesco. A Roma tre imam hanno partecipato alla messa nella chiesa di Santa Maria in Trastevere: «Qui siamo di casa», ha spiegato uno di loro, a sottolineare un clima di amicizia che sembra la miglior risposta alle stragi compiute dai fondamentalisti in mezzo mondo.

Certo, a Roma più d'uno ha notato la presenza, al fianco degli imam, di Salmeh Ashour, il rappresentante dei palestinesi nella capitale, la stessa persona che il 25 aprile di due anni fa gridò ai vecchi partigiani della Brigata ebraica che l'alleanza fra il Mufti di Gerusalemme e Hitler era solo «propaganda sionista».

La realtà è sempre complicata e non sta dentro lo spot, pur lodevole, di una giornata. Le cento e passa messe allargate segnano comunque un fatto nuovo nel Paese. E Foad Aodi, presidente della Comunità del mondo arabo in Italia, considera l'esperimento un successo: «Abbiamo registrato 23 mila adesioni e la gente ha apprezzato il coraggio dei musulmani. Per me è stato emozionante vedere la chiesa di San Giuseppe a Cesenatico gremita di fedeli».

Ventitremila pionieri sono un'unghia rispetto al corpo dell'Islam tricolore, composto da un milione e mezzo di persone, ma le percentuali in questi casi valgono poco.

Contano i simboli e le immagini che possono costruire una cultura della convivenza, oggi fragilissima. «Chi comincia ad esporsi merita apprezzamento», twitta il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. «Poveri illusi», è la replica tranchant di Matteo Salvini. L'Italia si interroga. E si divide.

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