Cronaca giudiziaria

Chiusa la causa civile record: 50 anni per avere ragione

L'azione iniziata nel 1973 a Venezia per una vicenda demaniale. E dopo mezzo secolo lo Stato viene condannato

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Era il 1973 quando un gruppo di privati avviarono un'azione civile contro lo Stato che aveva come oggetto la delimitazione del demanio marittimo avviata dalla Capitaneria di Porto di Venezia sul litorale del Cavallino, allora nel Comune di Venezia, dopo l'alluvione del 1966. Oggi, 50 anni più tardi, la Corte di Cassazione ha scritto la parola fine sulla più vecchia causa ancora pendente nelle aule di giustizia italiane confermando le ragioni dei ricorrenti, molti dei quali nel frattempo sono passati a miglior vita.

Per mezzo secolo i privati hanno sostenuto di essere stati depauperati di parte delle loro proprietà, direttamente confinanti con la spiaggia, facendo causa allo Stato, rappresentato dal ministero dell'Economia e delle Finanze e dall'Agenzia del Demanio. Con la violenta mareggiata che nel lontano '66 aveva colpito le spiagge a nord-est della laguna, le acque invasero gli orti caratteristici di quel territorio. A protezione delle strutture l'allora consorzio di Bonifica del Basso Piave aveva eretto un muraglione a un centinaio di metri dal mare. Ma i titolari di alcuni camping sul litorale sostennero che l'opera non poteva essere considerata come «confine» tra spiaggia demaniale e i loro terreni e avviarono la causa, sostenendo di essere stati privati di parte delle loro proprietà, direttamente confinanti con la spiaggia. Per loro le superfici demanializzate non avevano le caratteristiche morfologiche e funzionali del demanio marittimo e cioè dell'arenile. Così, chiamando in causa lo Stato, chiesero di dichiarare l'inefficacia di questa delimitazione. Diciannove anni più tardi, nel 1992, il Tribunale di Venezia rigettò le domande, ma la sentenza venne impugnata in appello. Ci vollero altri 25 anni affinché la decisione venisse riformata e i giudici di secondo grado, nel 2017, riconoscessero che l'alluvione del 1966, pur avendo alterato lo stato dei luoghi, non aveva determinato una modifica tale da far appartenere i beni privati al demanio marittimo.

Alcuni degli avvocati che nel 1973 si rivolsero al Tribunale non ci sono più, altri sono andati in pensione. La causa è stata quindi ereditata da altri colleghi, che hanno portato avanti la battaglia contro lo Stato, fino in Cassazione. E ora, a cinquant'anni dall'inizio della vicenda, i supremi giudici hanno confermato le ragioni dei privati definitivamente, riconoscendogli la piena proprietà dei terreni all'epoca «sottratti» dall'amministrazione marittima. Le toghe hanno anche condannato lo Stato a pagare ai privati le spese del giudizio.

«Decisione questa - commenta l'avvocato veneziano Antonio Forza - coraggiosa ed insolita da parte dei giudici romani».

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