Bisognerà prima o poi certificare che l'avventura del movimento fondato da Casaleggio e Grillo è finita. I Cinque Stelle sono implosi e quello che resta è una scia di polvere. Non è solo una questione di voti, di consenso, di seggi. È l'idea che non c'è più. Qua e là si possono ancora rintracciare i sentimenti che hanno spinto il successo elettorale: la disillusione, la speranza di cambiare le cose, il rancore, l'indignazione. Li ritrovi nelle parole di Alessandro Di Battista, ma è un modo per aggrapparsi a qualcosa che è tramontato in fretta. È un'eresia, un tempo fin troppo ortodossa. Il resto è sopravvivenza, fuga o attesa della fine rincantucciandosi in piccoli gruppi, sparsi e sperduti. Giuseppe Conte avrebbe dovuto essere l'uomo della speranza, il «rifondatore». Il problema è che quella dell'ex presidente del consiglio è un'altra storia, che si intreccia con i Cinque Stelle, ma non la incarna. Conte è grillino come da ragazzo è stato vagamente democristiano e poi simpatizzante di Renzi. È il vestito che gli ha portato più fortuna. Nulla di più e nulla di meno. Conte non è lì per rifondare, ma per occupare uno spazio. Ora sta lavorando per togliere le macerie. Basta ascoltarlo. È in televisione, davanti a Lucia Annunziata, su Raitre. Dice: «Il neo Movimento cambierà linguaggio, per me onorevoli non è una parola diffamatoria».
No, onorevole non è un'offesa. È qualcosa che dovrebbe avere a che fare con l'antica idea di dignitas. Non sempre è stato così. Se ne faceva beffe Totò con quel «mi faccia il piacere» rivolto all'onorevole Trombetta. Per i grillini era il segno della casta. Indegno. Non è però neppure questo il punto. È interessante invece la distanza politica e filosofica che c'è tra Casaleggio padre e Conte. I grillini avevano sostituito la parola onorevole con «cittadino». O meglio: cittadino portavoce.
È la firma di Jean Jacques Rousseau. Non ha a che fare con la cittadinanza, ma con l'idea di democrazia. Il termine «cittadino» evoca la democrazia diretta. È quella che Gianroberto Casaleggio sposta dalla Ginevra settecentesca alla rete. È una democrazia referendaria o plebiscitaria. È una visione con dei lati oscuri, perché ci vuole poco per ritrovarsi giacobini. Gli «onorevoli» invece ci sono solo nella democrazia parlamentare. Non sono la casta, ma il potere legislativo.
Non è Rousseau. È Montesquieu.Tutto questo a Conte magari non interessa. È però il segno, uno dei tanti, della svolta. I nuovi Cinque Stelle saranno molto simili al Pd, quasi una succursale. E Conte sta cambiando le insegne.
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