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Classi pollaio e concorsi in tilt: così il ritorno in classe è un'incognita senza risposte

Il nodo delle aule affollate è irrisolto e si riproporrà a settembre. Ma mancano anche le graduatorie per gli ultimi bandi. E pendono dei ricorsi al Tar

Classi pollaio e concorsi in tilt: così il ritorno in classe è un'incognita senza risposte

Il Ministro dell'Istruzione, a una mamma che gli ha posto il problema delle classi pollaio ha risposto, risentito, di non essere né Harry Potter né Albus Silente, per poi mimare, col palmo della mano, un pugno sul tavolino accanto («Non è battendo il pugno sul tavolo che si risolvono le cose, ma lavorando»). Così facendo ha rinunciato, ancora una volta, a dare una risposta seria a un problema serio.

Col nuovo anno scolastico potrebbe conflagrare il solito disastro annunciato, e l'annosa questione delle classi pollaio, che il ministro ha ammesso di non saper risolvere in una manciata di mesi, non è certo l'unica gatta da pelare per l'«affettuosa» scuola di Patrizio Bianchi. Ancora più grave è la vicenda degli idonei al concorso straordinario per titoli ed esami, su posti comuni e di sostegno, bandito il 23 aprile 2020 con Decreto Dipartimentale (n. 510). Il comma 7 dell'art. 15 del bando prevedeva, per chi avesse superato lo scritto fra gli aspiranti ai posti comuni ma non fosse risultato tra i vincitori, l'inserimento in un «elenco non graduato» e l'accesso a una procedura per l'abilitazione. Di percorsi abilitanti però, nel frattempo, nemmeno l'ombra. Il Ministero dell'Istruzione non ha ancora chiarito se gli idonei in seconda fascia per l'immissione in ruolo potranno approfittare della finestra per l'accesso all'agognata prima fascia della graduatoria. Il Decreto Legge Sostegni bis, che il Senato dovrà approvare entro il 24 luglio, li equipara ai vincitori ma non li abilita. Migliaia di insegnanti, se non potranno usufruire della finestra, verranno perciò scavalcati perfino dai futuri vincitori del concorso ordinario abilitante con zero giorni di servizio. In più ci sono i balzelli da pagare. Perché chi ha partecipato a quel concorso straordinario, sostenendo una prova computer based (il magico potere dell'inglese, inebriante e anestetizzante), e l'abbia superato, dovrà pagarsi un corso di formazione universitario alla modica cifra, suppergiù, di 4.000 euro e sottoporsi per giunta a un esame finale.

L'ultima questione bollente, coi ricorrenti che stanno affilando le armi dopo l'accesso agli atti sentenziato dal Tar del Lazio, riguarda il concorso per dirigenti scolastici bandito nel 2017. Immaginiamo un altro concorso computer based, con 5 domande a risposta aperta (su 7), a ognuna delle quali attribuire un punteggio da 0 (in caso di omessa risposta) a 16, e poniamo che uno dei quesiti sia: «Il candidato evidenzi, in relazione al quadro normativo di riferimento ed alle responsabilità dirigenziali, le principali azioni del dirigente scolastico nella situazione e nel contesto professionale di seguito descritti: attivazione di specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione, rilevati nell'ambito del processo di valutazione degli alunni del primo ciclo». Mettiamo che un candidato abbia risposto in tre parole: «Didattica per competenze». Quanto gli avreste dato? Uno, per lo sforzo in stile ungarettiano? E se la Commissione gli avesse dato quattro? Immaginiamo che un altro candidato a quel concorso, dovendo rispondere sugli strumenti da adottare per contenere la dispersione scolastica, fosse partito dal bullismo (e dal cyberbullismo) per limitarsi poi a elencare i compiti spettanti al dirigente scolastico per fronteggiare quest'ultimo fenomeno. Quanto punti gli avreste dato? Sempre uno? E se la Commissione gliene avesse assegnati 10?

Fate fatica a immaginare come abbiano fatto i due candidati a superare la prova? Non affaticatevi inutilmente.

È tutto vero.

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