Clima, torna l'accordo di Parigi. Si rivede Kerry e Greta applaude

Trudeau fa il sermone ma si preoccupa per il petrolio

Clima, torna l'accordo di Parigi. Si rivede Kerry e Greta applaude

Con Joe Biden alla Casa Bianca gli Stati Uniti si lasciano alle spalle anche il cosiddetto negazionismo climatico. Ritornano ufficialmente (per ragioni logistiche gli inviati americani si ripresenteranno al lavoro tra un mese) nell'Accordo di Parigi che l'ormai ex presidente Trump aveva denunciato. E ci ritornano con un inviato speciale, il 76enne John Kerry, che è l'eterno rientrante di ogni amministrazione democratica. Annunciando il rientro di Washington nell'intesa che impegna i Paesi che producono i due terzi delle emissioni globali a raggiungere l'obiettivo della neutralità del carbonio, Kerry non ha fatto eccezione al coro del disprezzo verso ciò che l'Amministrazione Trump ha rappresentato: «Siamo tornati al lavoro ha detto dopo quattro anni sprecati». Forse non ha sentito Biden promettere a tutti gli americani unità e ascolto, o forse ha capito che si tratta solo di uno slogan.

La scelta di Biden è stata molto lodata sia dal segretario generale dell'Onu Antonio Guterres sia dai vertici dell'Unione Europea, che hanno speso molte parole alate sugli sforzi globali per combattere l'emergenza climatica. Talmente simili a quelle che regolarmente da anni vengono spese da non meritare di essere qui riportate. Ma è quando si toccano specifici e concreti interessi che i toni cambiano. Così il premier canadese Justin Trudeau si è immancabilmente unito al coro delle lodi per la sensibilità ambientalista del neo presidente del vicino grande Paese alleato, ma ha anche lamentato con stridente incoerenza la sua decisione di far fermare con effetto immediato i lavori per il completamento del grande oleodotto Keystone XL. Opera in buona parte già costruita e destinata a trasferire fiumi di petrolio dai giacimenti canadesi dell'Alberta fino allo Stato americano del Nebraska e giù, attraverso condutture già esistenti, fino alle gigantesche raffinerie del Texas. Trudeau si è detto «deluso per la perdita di migliaia di posti di lavoro su entrambi i lati del confine».

Anche i politici di più cristallina fede ambientalista, evidentemente, sono costretti a ricordarsi che non si può avere la botte (in questo caso il barile di petrolio) piena e la moglie ubriaca. Justin Trudeau, oltretutto, si ritrova nella circostanza nella a lui poco gradita compagnia del falco repubblicano Ted Cruz: il senatore americano, vicinissimo a Trump, ha fatto presente che il ritorno del suo Paese nell'intesa di Parigi «farà certo gli interessi dei cittadini di Parigi (chissà perché poi) ma non quelli dei lavoratori di Pittsburgh», città industriale della Pennsylvania da sempre abituata a convivere con un pesante inquinamento atmosferico.

A fustigare tanta rozzezza è intervenuta la rediviva pasionaria green Greta Thunberg con il suo tipico raggelante umorismo svedese: «Felice che gli Usa siano ritornati negli accordi Pittsburgh: bentornati!». Bentornata si fa per dire anche lei

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