Ci sono Prodi, Letta, D'Alema e Renzi. No, non è l'inizio di una barzelletta. È una storia vera. Verissima. Che cosa hanno in comune questi personaggi che, nel bene e (soprattutto) nel male, hanno scritto una porzione della storia di questo Paese? La prima cosa è che sono stati, tutti e quattro, presidenti del Consiglio. Eletto (per due volte) solo Prodi. Gli altri tre miracolati. Tutti e quattro del Pd, adesso ne è rimasto solo uno (da segretario), gli altri hanno preso le distanze dalla segreteria a trazione renziana e non hanno più la tessera.
I rapporti di forza tra di loro si sono modificati. Mentre i primi tre non ambiscono più a tornare a Palazzo Chigi, il quarto smania dalla voglia di salire di nuovo quelle scale. Stavolta da eletto. E gli altri tre si sono, a vario titolo, coalizzati per cancellarlo dalla scena politica italiana e sbarrargli la strada.
Chi tra i tre lo detesti di più è difficile dirlo. Senz'altro Enrico Letta ha molte ragioni per odiarlo, non foss'altro per essere stato umiliato da Renzi davanti al mondo, con quella frase infelice «Enrico stai sereno», pochi giorni prima di venire scalzato in diretta web dalla direzione nazionale del Pd e sostituito da Napolitano con lo stesso Renzi. La vendetta è un piatto che va gustato freddo e Letta da tre anni e mezzo sta preparando la polpetta avvelenata.
Ma anche Massimo D'Alema ha maturato nel tempo diversi motivi di disprezzo nei confronti di Matteo: da ex segretario del Pds e presidente dei Ds non ha certo apprezzato la (finta) rottamazione dei dinosauri del suo partito, compreso lui. La frattura si è poi completamente consumata quando nel 2014 Renzi gli sfilò la poltrona di Alto rappresentante Ue per la Politica Estera e la Sicurezza a cui teneva molto, regalata a Federica Mogherini e qualche mese fa anche la presidenza della Foundation for European Progressive Studies. Oggi quando a D'Alema gli chiedono di Matteo, gli si gonfia la vena sul collo e dice: «Finché mi sarà dato di esistere, Renzi non può stare tranquillo». Ed è serio. Renzi vede in D'Alema coi baffi la personificazione della sconfitta, della conservazione, dell'apparato, del passato comunista; D'Alema vede in Renzi la personificazione del giovane oltraggioso che non vuole ascoltare il suo Verbo. Eppure i due si assomigliano. Tutti e due sono entrati a Palazzo Chigi con una congiura di palazzo. Entrambi sono dei bulli. In comune hanno il sarcasmo: quello di D'Alema più gelido e perfido, quello di Renzi più cabarettistico e goliardico.
Infine Romano Prodi che proprio insieme a Letta alla Summer School di Cesenatico ha giocato allo «StaiserenoQuiz» scherzando sul passaggio della campanella nel 2014 e, sulle note di Despacito, ha canticchiato un motivetto sulla fine prematura del Pd: «Era un bel sogno ed è già svanito/ad aprile rischia il benservito». Si gioca al «RischiaLetta» e la domanda è: cosa pensava Enrico mentre passava il testimone a Renzi? «So io dove gli metterei il batacchio della campanella». La platea si sbellica.
Mandano il video di Renzi che si aggroviglia con l'inglese e Letta si piega in due dalle risate.Renzi non replica. «Mi costa tanto - dice ridendo - ma non farò battute. Poi le farò, mi chiudo nel bagno e mi sfogo». Ridi, ridi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.