
Le tre persone accusate di averlo ucciso - marito e moglie italiani e un loro amico albanese - sostengono di averlo eliminato quasi per una questione d'onore, ovvero per vendicarsi dopo che lui aveva diffuso un video hot nel quale la donna appariva con un'altra persona. In realtà sembra più una storia tra "compagni di merende" del medesimo, bassissimo cabotaggio quella che ha portato, la notte del 23 luglio scorso, all'omicidio di Hayati Hayim Aroyo, noto come "Vito", 62enne pregiudicato italo turco, spacciatore e balordo di lungo corso, accoltellato con trenta fendenti in un appartamento di Sesto San Giovanni poi dato alle fiamme insieme al cadavere. Una vicenda dalle tinte fosche, dove a farla da padrone sono un branco di pericolosi truffatori privi di scrupoli, propensi a perdere la ragione tra siti di incontri, festini a base di cocaina (procurata da Aroyo), scommesse online e denaro facile. A tradire definitivamente gli assassini, infatti, è stato proprio l'utilizzo di una delle tre carte di credito rubate al morto la notte del delitto insieme al telefono e al tablet.
Tra testimonianze, verifiche bancarie, visione dei filmati delle telecamere e molto altro gli investigatori della squadra mobile, guidati dal capo della "Omicidi", il vicequestore aggiunto Francesco Giustolisi e dal dirigente Alfonso Iadevaia in queste settimane hanno lavorato alacremente alla ricerca degli assassini di Aroyo insieme ai colleghi del Gabinetto di Polizia Scientifica regionale e coadiuvati dalla Procura di Monza e dal pm Marco Santini. La vittima, che ufficialmente risiedeva a Milano infatti, negli ultimi tempi aveva cambiato spesso casa e da pochi giorni si era appoggiata proprio nell'appartamento di Sesto, in via Fogagnolo 130, da uno amico studente universitario fuori sede che, andando in vacanza, gli aveva subaffittato il suo bilocale al pianterreno. Cognato del boss turco Hüseyin Saral - fino alla sua morte leader dell'organizzazione Sarallar, una delle più potenti dell'Anatolia e in guerra con la Dantonlar Gang, scalata negli anni successivi dal leader filo-curdo Baris Boyun arrestato nel 2024 a Viterbo - Aroyo, però, non stava tentando di nascondersi dalla mafia turca. Secondo la polizia i vari cambi di indirizzo del 62enne erano solo degli escamotage per sfuggire a Elvis Simoni, un albanese di 33 anni residente nel Varesotto e particolarmente legato alla coppia di coniugi Valentina Peroni e Emanuele Paganini, rispettivamente 36 e 38 anni, residenti a Busto Arsizio (Va) e vecchie conoscenze dell'italo turco. Con marito e moglie, durante uno dei loro incontri a base di cocaina, Aroyo aveva avuto un diverbio ed era allora che li aveva prima minacciati di diffondere il video della donna e poi lo aveva davvero messo online.
La notte dell'omicidio Valentina avrebbe fatto da esca, telefonando ad Aroyo e proponendogli un tête-à-tête a casa sua. Ottenuto l'indirizzo del 62enne la donna va da lui, che nel frattempo le ha elargito un bonifico di 100 euro per pagare il taxi (in realtà la donna si fa dare uno strappo da un amico, ndr) da Busto a Sesto San Giovanni. Prima di entrare dentro casa, Valentina si premura però di lasciare aperto sia il portone d'ingresso del palazzo di via Fogagnolo 130 che la porta dell'appartamento. "Il portone se spingi è aperto - la donna avverte Elvis Simoni in un messaggio -. L'appartamento che trovi di fronte è il mio".
Da lì l'arrivo di Simoni che, davanti a Valentina, uccide l'italo turco con trenta coltellate, poi lo deruba e dà fuoco alla casa prima di fuggire, nel tentavi di nascondere le tracce del proprio passaggio."Avevo paura di provare pietà, ma non l'ho provata" ammetterà più tardi la donna all'albanese. Che a sua volta le confessa che "non è la prima volta" che uccide qualcuno.