Il Colle tiene le mani libere: Gentiloni asso nella manica

Nel discorso nessun accenno a temi divisivi come Ue e ius soli: non cerca scontri in vista del risiko post voto

Dieci minuti, un discorso lampo, pronunciato da una poltroncina dalla quale sembra sempre sul punto di alzarsi di scatto. Non parla troppo stavolta Sergio Mattarella e non attacca nessuno. Non indica soluzioni ai problemi, «perché non è il mio compito», e non traccia bilanci politici. Non cita nemmeno Gentiloni, eppure il suo stile concreto a Palazzo Chigi gli è piaciuto molto: ma quella di Paolo il Freddo è la carta segreta. E non tocca nessun tema scabroso e divisivo, come ius soli, immigrazione, Europa. In questa fase infatti il capo dello Stato non cerca scontri o nemici, anzi, vuole le mani libere per riuscire dopo il quattro marzo a formare un governo, anche se nessuno dei tre poli riuscisse da solo a conquistare la maggioranza.

Mission impossible? Mica tanto, il presidente è convinto di farcela. Certo non ha alcuna intenzione di risciogliere subito le Camere. «È importante - dice - rispettare il ritmo fisiologico dei cinque anni previsto dalla Costituzione». In caso di pareggio e successivo stallo, un Gentiloni non sfiduciato e i suoi ministri potrebbero continuare a governare qualcosa di più degli affari correnti, partecipando a vertici internazionali e prendendo decisioni, come sta accadendo alla Merkel in Germania.

Intanto la parola adesso è ai cittadini, che hanno una «pagina bianca da scrivere». Che succederà? Il presidente spera «in un'ampia partecipazione» e ha fiducia «nei giovani del '99 che saranno chiamati per la prima volta al voto». Poi però toccherà ai partiti che comunque devono darsi una bella regolata. Basta incartarsi in piccole beghe dal fiato corto: «Non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente, quasi in una sospensione del tempo», quando invece bisogna «guidare i processi di mutamento». Basta pure con le idee demagogiche o strampalate, servono invece «proposte realistiche e concrete» e «senso di responsabilità nei confronti del Paese».

Toni pacati, parole rassicuranti. I problemi ci sono, ma «si possono superare». Al primo posto, come al solito, il lavoro. «È la più grave questione sociale - spiega Mattarella - anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro. È necessario che ve ne sia in ogni famiglia». E da qui parte con una riflessione generale sul presente e sul futuro. «Questa è un periodo che pone interrogativi sul rapporto tra l'uomo, lo sviluppo e la natura. La velocità delle innovazioni è incalzante e ci conduce in una nuova era, che già cominciamo a vivere. Cambiano gli stili di vita, i consumi, i linguaggi. Mutano i mestieri e la organizzazione della produzione. Scompaiono alcune professioni, altre ne appaiono». E la missione della politica, insiste, consiste proprio «nella capacità di misurarsi con queste novità, guidando i processi di mutamento, per rendere più giusta e sostenibile la nuova stagione che si apre». Tocca quindi che i partiti volino più alto, che siano capaci di un sguardo ampio: «Il dovere formulare di proposte adeguate è fortemente richiesto dalla dimensione dei nostri problemi».

Dunque, «l'orizzonte del futuro costituisce il vero oggetto dell'imminente confronto elettorale perché occorre preparare il domani». L'Italia ha passato delle difficoltà, però abbiamo i mezzi per rimetterci a correre. «La cassetta degli attrezzi, per riuscire in questo lavoro, è la nostra Costituzione: ci indica la responsabilità nei confronti della Repubblica e ci sollecita a riconoscerci comunità di vita».

È la risposta soft del Quirinale a populismo e antipolitica. Mattarella, che accenna pure al terremoto, a Rigopiano e all'attentato di Barcellona, punta molto sulla freschezza della nuova classe del '99.

Quelli di cent'anni fa, ricorda, «vennero mandati in guerra, nelle trincee e molti vi morirono, oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica». Talvolta «rischiamo di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace». Non è una cosa scontata, «non avviene lo stesso in tanti luoghi del mondo».

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