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Colpire i jihadisti russi Ecco il vero obbiettivo dei raid del Cremlino

Dopo le critiche dall'Occidente Mosca puntualizza: "Siamo con gli Usa". Nel mirino ceceni e uzbeki combattenti per l'Isis

Colpire i jihadisti russi Ecco il vero obbiettivo dei raid del Cremlino

I caccia russi continuano a bombardare in Siria per aprire la strada ad una probabile offensiva di terra dell'esercito governativo con l'appoggio dei miliziani Hezbollah e consiglieri iraniani. I raid di Mosca stanno martellando le zone di Idlib, Hama e Jisr al-Shughour roccaforti del fronte Al Nusra, una costola di Al Qaida. Del fronte oltranzista fanno parte ceceni, russi, uzbeki e altri integralisti delle ex repubbliche sovietiche, che combattono per la guerra santa internazionale. Gli estremisti in armi di lingua russa, che arrivano dal Caucaso o dall'Asia centrale sono almeno 3500.

Non a caso il gruppo armato uzbeko Katibat al Tawhid wal Jihad ha rivendicato il primo attacco contro le forze russe nella base aerea di Hamim. In un comunicato in rete i mujaheddin ex sovietici hanno annunciato un «attacco contro gli infedeli russi» con tanto di foto del lancio di un razzo Grad.

Il senatore John McCain, che presiede la Commissione delle forze armate Usa, ha accusato Mosca di aver colpito con «i primi raid individui e gruppi finanziati e addestrati dalla Cia». Se fosse vero sono gli stessi ribelli «buoni», che fra il 21 e 22 settembre, hanno consegnato ad Al Nusra il 25% delle loro armi ed equipaggiamento «per garantirsi un passaggio sicuro verso la loro zona di operazioni». La rivelazione è arrivata da Centcom, il comando strategico americano.

Il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ha tagliato la testa al toro dichiarando che Mosca «non considera L'Esercito libero siriano (ribelli moderati appoggiati dalla comunità internazionale nda) un gruppo terroristico. Pensiamo invece che dovrebbero essere parte della soluzione politica». E poi ha aggiunto che «la Russia è sulla stessa lunghezza d'onda con la coalizione guidata dagli Usa sugli obiettivi terroristici in Siria».

Il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, ha annunciato che nella giornata di ieri sono stati bombardati 5 obiettivi dello Stato islamico in 8 raid.

Il Cremlino ha dispiegato in Siria una cinquantina di caccia da attacco al suolo ed elicotteri. Un battaglione di forze speciali della Marina ha preso posizione nell'aeroporto militare di Hamim, da dove partono i raid, per garantire la sicurezza. Alla storica base russa di Tartus, sul Mediterraneo, è attraccato il lanciamissili Moskva, ammiraglia della flotta del mar Nero. Secondo l'ammiraglio, Vladimir Komoyedov, presidente del Comitato di Stato della Difesa del parlamento russo, sarebbe arrivata anche la portaerei cinese Liaoning-CV-16. I caccia di Mosca potrebbero colpire pure in Irak ora che il primo ministro iracheno Haider Al Abadi ha detto che darebbe il «benvenuto» ai raid contro l'Isis qualora i russi avanzassero l'offerta.

Il presidente, Vladimir Putin, si era detto preoccupato dall'aumento dei volontari della guerra santa in Siria che parlano russo. Assieme ai ceceni sarebbero 1500. Lo scorso anno gli Stati Uniti hanno inserito nella lista nera delle organizzazioni del terrore Jaish al-Muhajireen wal-Ansar, il principale gruppo ceceno che opera in Siria alleato dei seguaci di Al Qaida. Uno dei suoi comandanti più famosi, Salakhuddin Shishani, è uscito dalla formazione in giugno formando un'altra falange, ma ribadendo che «continua a combattere per far crescere la parola di Allah in Siria». Gli uzbechi sono poco più di 900 ed il 29 settembre hanno giurato fedeltà ad al Nusra sfilando con le bandiere nere nel loro campo di addestramento nel nord della Siria. I kazaki, stimati in 150, si sono arruolati nel Califfato con le famiglie. In alcuni video mostrano i loro figli, anche al di sotto dei 12 anni, che si addestrano o tagliano la gola ai prigionieri. Anche da Azerbaijan, Kirghizistan, Tajikistan e Turkmenistan sono arrivati a combattere in Siria in centinaia. Uno dei primi comandanti caucasici, Omar al Chechen, pontificava fin dal 2013 che con la guerra a Damasco «abbiamo la reale possibilità di fondare lo Stato islamico sulla Terra».

Fra gli obiettivi dei raid russi ci sono i campi di addestramento, i centri comando ed i depositi di munizioni di questi estremisti.

E di altri gruppi non certo moderati come Ahrar al-Sham, gli «uomini liberi della Grande Siria», un insieme di diverse organizzazioni salafite finanziate dall'Arabia Saudita e dal Qatar.

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