Gli Stati Uniti sono in subbuglio da alcuni giorni: proteste, accuse alle istituzioni, cortei. Manifestano specialmente gli appartenenti alla comunità di origine africana, ma non solo: partecipano alle contestazioni numerosi bianchi, ovviamente progressisti. Motivo? La mancata incriminazione di Darren Wilson, poliziotto che il 9 agosto scorso freddò a revolverate un ragazzo nero di 18 anni, Michael Brown. Costui, fermato dalla polizia, reagì con furia sferrando pugni che colpirono in volto Wilson. Da notare che il giovanotto ribelle non era esattamente un tipo facile da contenere: alto 1 metro e 90, pesava la bellezza di 130 chili.
Un bufalo scatenato di queste dimensioni non induce alla tenerezza, ma semina terrore. Cosicché l'agente, temendo di essere sopraffatto, ha aperto il fuoco, anche perché Michael si rifiutava di obbedire all'ordine di sdraiarsi a terra in segno di resa. Il Gran giurì, ricostruiti i fatti, ha preso per buona la versione di Darren, pronunciandosi a suo favore con la classica formula: non doversi procedere, poiché il poliziotto non è andato oltre la legittima difesa.
Nonostante ciò, una larga fetta di opinione pubblica è convinta ancora che Wilson, invece, avrebbe potuto evitare di premere il grilletto e che, se lo ha premuto, un motivo ci doveva essere. Stando alla vulgata, questo: le forze dell'ordine statunitensi avrebbero in antipatia, se non in odio, la gente nera e userebbero nei suoi confronti metodi più violenti rispetto a quelli riservati a coloro che hanno la pelle chiara. In genere sarà così, forse (non sono in grado di accertarlo, ma nel caso in questione, quand'anche la vittima fosse stato un biondino, è difficile sospettare che l'agente, messo alle corde dal gigante diciottenne, si sarebbe comportato diversamente).
Questa storia è emblematica di una mentalità affermatasi pure dalle nostre parti secondo la quale i tutori dell'ordine hanno sempre torto anche se hanno ragione. L'esempio più clamoroso è fornito dagli scontri di piazza fra dimostranti e carabinieri e/o poliziotti. I primi di norma lanciano pietre, ribaltano automobili, spaccano vetrine, picchiano e pretendono di farlo impunemente. Se poi militari e agenti rispondono con le classiche cariche tese a disperdere la folla eccitata e a proteggere l'incolumità dei passanti e le proprietà private, passano per aguzzini e nemici del popolo.
Un manifestante contuso merita un titolone sul giornale; sei agenti feriti, viceversa, sono indegni di menzione, quasi che costoro intervengano per diletto personale, non per esigenze di servizio. Senza contare che in Italia il concetto di legittima difesa è sistematicamente ignorato. Basti pensare che se un orefice, un tabaccaio, un cittadino qualunque vengono assaliti da rapinatori e rispondono con le armi per renderli inoffensivi, finiscono sotto processo e, il più delle volte, sono condannati alla galera. Episodi del genere accadono spesso.
Naturalmente il Parlamento, essendo in mille faccende affaccendato, eccetto quelle per cui è stato eletto, non si è mai occupato di correggere a vantaggio della popolazione il codice penale. E ci si stupisce che l'astensionismo elettorale cresca a dismisura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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