Guerra in Ucraina

Compromesso al ribasso e ogni Paese va per sé

Dopo settimane di trattative, discussioni e annunci roboanti, alla fine la montagna ha partorito il topolino e l'intesa raggiunta tra le nazioni dell'Unione europea per le sanzioni alla Russia, sembra un accordo al ribasso

Compromesso al ribasso e ogni Paese va per sé

Dopo settimane di trattative, discussioni e annunci roboanti, alla fine la montagna ha partorito il topolino e l'intesa raggiunta tra le nazioni dell'Unione europea per le sanzioni alla Russia, sembra un accordo al ribasso. Come spesso accade in ambito europeo, per cercare di accontentare le richieste di tutti i ventisette stati membri, si finisce per arrivare a soluzioni non risolutive frutto di compromessi che testimoniano come gli interessi delle varie nazioni siano tutt'altro che convergenti. Accade su questioni di minore importanza, figuriamoci per un dossier delicato come quello della guerra in Ucraina. Così, anche in questo caso, al netto delle dichiarazioni di facciata di Borrell e Ursula Von der Leyen, al vertice straordinario dell'Ue si è arrivati a un accordo che dimostra tutte le difficoltà europee di assumere una linea condivisa. A prevalere, più che la linea del tutti per uno, è quella dell'ognuno per sé, così anche l'Italia può dirsi soddisfatta per l'avvio dello studio di fattibilità europeo del Price cap sul gas come affermato dal premier Mario Draghi. Nel mentre, possiamo continuare ad acquistare gas dalla Russia senza mettere in ginocchio la nostra economia attraverso l'attività di Eni definita da Draghi «molto trasparente». Diversa la posizione dell'Olanda che, essendosi rifiutata di pagare il gas alla Russia in rubli, si è vista sospendere le forniture da Gazprom. Una rigidità resa possibile dal fatto che, secondo i dati dell'European Union Agency for the Cooperation of Energy Regulators, nel 2020 solo l'11% del gas importato dall'Olanda arrivava dalla Russia, una percentuale molto più facilmente sostituibile rispetto a Paesi come l'Italia.

Anche nel caso del petrolio si è giunti a una soluzione di compromesso che prevede un taglio del 90% del petrolio russo importato in Europa, ma entro la fine dell'anno con un impatto perciò limitato nel breve periodo. Si partirà eliminando le forniture che arrivano via nave e solo in seguito si interromperà l'approvvigionamento da tubo con alcuni distinguo: mentre Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca continueranno a riceverlo, Germania e Polonia si sono impegnati a rinunciarvi.

L'aspetto più difficile è stato proprio raggiungere una soluzione con l'Ungheria (e la Repubblica Ceca) che, non avendo accesso al mare, hanno ottenuto una proroga dall'embargo «per un certo periodo di tempo, in modo che si attrezzino per avere il petrolio dalla Croazia, dal mare Adriatico». Una decisione che rischia di generare squilibri tra i paesi europei e, anche se l'Italia non si trova a dipendere dal petrolio russo con le quantità delle nazioni dell'est, le ricadute potrebbero arrivare anche da noi, in particolare negli impianti siciliani di Priolo dove si trova la raffineria controllata dalla russa Lukoil.

A destare preoccupazione sono però le parole del Consiglio europeo che non fanno presagire nulla di buono per i prossimi mesi: «Con spirito di solidarietà europea, è opportuno migliorare la preparazione a possibili gravi interruzioni dell'approvvigionamento e la resilienza del mercato del gas dell'Ue».

Il rischio di un inverno di crisi e razionamenti energetici è dietro l'angolo.

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