Le condizioni di Putin per firmare la pace. "La Nato non potrà più allargarsi a Est"

Nel memorandum anche Kiev neutrale, stop ai soldati occidentali, sovranità russa su Crimea e regioni occupate

Le condizioni di Putin per firmare la pace. "La Nato non potrà più allargarsi a Est"
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Vincere la guerra. E vincerla a tutto campo. Ottenendo non solo la capitolazione dell'Ucraina, ma anche quella della Nato. Sarebbe questo - secondo tre importanti fonti russe citate dall'agenzia Reuter - il vero obbiettivo di Vladimir Putin. Così mentre il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, che ieri ha avuto un colloquio telefonico con il segretario di Stato Usa Marco Rubio, propone la ripresa dei negoziati con Kiev a partire dal prossimo 2 giugno a Istanbul le indiscrezioni della Reuter allarmano le cancellerie occidentali. Le durissime condizioni di Mosca compariranno nel memorandum scritto in cui Mosca esporrà, come concordato nella recente telefonata tra Trump e Putin, le condizioni per la pace in Ucraina.

Condizioni durissime capaci di portare ad un scontro diretto con l'America di «The Donald» illusosi fin qui di risolvere il conflitto promettendo alla Russia la fine delle sanzioni e qualche futuro accordo commerciale. Ma per il Presidente russo la questione non è così semplice. «Putin è pronto a far la pace, ma non a qualsiasi prezzo» - ha spiegato alla Reuters una delle fonti delineando condizioni che ricordano da vicino i punti del discorso pronunciato alla Conferenza di Monaco del 2007. Con quel discorso Putin ruppe i ponti con l'America accusandola di aver tradito gli impegni presi con Mikhail Gorbaciov e Boris Eltsin. Impegni verbali, mai trasformatisi in documenti scritti, con cui - secondo le tesi russe - il segretario di Stato James Baker prima e il presidente Bill Clinton poi avrebbero promesso a Gorbaciov e Eltsin di non allargare la Nato all'area d'influenza dell'ex Unione Sovietica.

Il memorandum, attualmente in preparazione al Cremlino, riprenderebbe quelle accuse e imporrebbe come condizione fondamentale per la pace in Ucraina l'impegno scritto dell'Alleanza Atlantica a rinunciare definitivamente a qualsiasi allargamento a est. Un impegno che precluderebbe la partecipazione di Ucraina, Georgia e Moldavia alla Nato. Il tutto accompagnato dalla richiesta di assoluta neutralità dell'Ucraina, dalla rinuncia di Kiev a qualsiasi presenza militare occidentale sui propri territori e dal riconoscimento della sovranità di Mosca sulla Crimea e sulle quattro regioni (Lugansk Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia) parzialmente occupate dall'esercito russo.

Ma la condizione più pericolosa - e di fatto improponibile - è quella che impone la rinuncia della Nato a qualsiasi allargamento ad Est. Sia il rifiuto, sia l'accettazione di quella richiesta comporterebbe conseguenze devastanti. L'accettazione implicherebbe la fine dell'Alleanza tra Usa ed Europa. E rappresenterebbe una scelta impossibile per un Trump condannato nel caso a passare alla storia come il responsabile della capitolazione della Nato. D'altra parte un secco «no» alle condizioni di Mosca trasformerebbe il conflitto ucraino in uno scontro ben più ampio legato non solo ai destini di Kiev, ma al rapporto di forza globale tra la potenza statunitense e la Russia. Una Russia alleata di una Cina pronta, con la stessa logica, a chiedere a Washington di tenersi ben lontana da Taiwan, dall'Indo Pacifico e da tutto quel che riguarda l'area d'influenza del Dragone.

Quanto basta, insomma, per dare credito alle tesi estremiste di Dmitry Medvedev, il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo pronto a ricordare a Trump che la prospettiva «più brutta» resta quella di una «terza guerra mondiale».

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