Quel Consiglio regionale con un indagato su tre

I reati? Dal voto di scambio alle accuse di mafia. E c'è chi si è fatto rimborsare un «gratta e vinci»

Quel Consiglio regionale con un indagato su tre

Ce l'ho, ce l'ho, ce l'ho. Nell'album degli indagati alla Regione Calabria non si sono fatti mancare niente. Dall'inizio della legislatura i consiglieri regionali finiti nel mirino della magistratura sono 10. Dieci su trenta vuol dire uno su tre. Una buona media, peraltro in linea con le precedenti consiliature con Giuseppe Scopelliti (eletto con il centrodestra) o con l'allora governatore Pd Agazio Loiero, quando i consiglieri indagati furono addirittura 17 su 50.

La sfilza dei reati è pazzesca, dall'abuso d'ufficio al falso in atto pubblico. C'è chi è indagato per essersi fatto rimborsare qualsiasi cosa, persino l'acquisto di un gratta e vinci come spesa «politica». C'è chi avrebbe convinto un ufficiale della polizia municipale ad annullare due multe per divieto di sosta da 41 e 48 euro. C'è chi avrebbe annullato un bando per costruire case per gli indigenti.

L'ultimo in ordine di tempo è un imprenditore col pallino della politica ed ex assessore al Lavoro con Scopelliti, arrestato nell'operazione Robin Hood, una storiaccia di 'ndrangheta e appalti da Reggio Calabria a Verona. Solo che qui si tratta di soldi del Credito sociale rubati ai poveri, ai calabresi meno abbienti, per darli ai ricchi mafiosi in cambio di voti.

In Calabria chiedere l'aiutino alle 'ndrine è prassi consolidata, a destra e a sinistra. Nella precedente legislatura sono quattro gli ex consiglieri condannati per 'ndrangheta, voto di scambio e corruzione elettorale. Ma evidentemente non basta come deterrente. Uno dei sodali del governatore Pd Mario Oliverio, secondo la Direzione distrettuale antimafia, avrebbe chiesto i voti alla famiglia Bruni che a Castrolibero in provincia di Cosenza fa il bello e il cattivo tempo. Stesse accuse per un altro consigliere di centrodestra, per i pm ostaggio dei voti della cosca Paviglianiti nella costa jonica reggina. Un altro politico quando era componente del Nucleo di valutazione ambientale avrebbe aiutato la potentissima cosca degli Arena modificando ad arte l'ok alla realizzazione di un parco eolico a Isola Capo Rizzuto. Come ricorda il Corriere della Calabria, c'è anche chi si è autosospeso dall'Ufficio di presidenza della Regione Calabria per difendersi dalle accuse di essere legato ai clan.

Per le stesse accuse mosse un altro ex assessore al Lavoro di sinistra, ai tempi della giunta Loiero, era stato sfiorato da delicatissime indagini dell'antimafia reggina corroborate dalle testimonianze di un pentito ritenuto credibile: a casa di un boss erano stati trovati i suoi santini elettorali. Perché in una regione povera come la Calabria avere uno scranno è come aver vinto al gratta e vinci. I voti li porta la 'ndrangheta, il biglietto lo paghiamo noi.

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