O rdinanza numero 18 della Consulta, relatore Giuliano Amato: figlie e figli porteranno non soltanto il cognome paterno ma anche quello materno. La svolta, secondo la spiegazione dello stesso relatore, si deve al fatto di cancellare «il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna», mutuando una dichiarazione rilasciata, sette anni fa, dalla piddina Donatella Ferrante presidente della commissione giustizia. Viene meno la legittimità costituzionale l'articolo 262 del Codice civile che stabilisce come regola l'assegnazione ai figli del solo cognome del padre. L'Italia fa un passo in avanti, adeguandosi a norme e leggi di altri Paesi europei. In Germania nei documenti ufficiali è consentito un solo cognome che può essere anche quello della madre. In Austria e Svezia la precedenza viene data proprio al cognome materno, anche se i genitori sono in disaccordo nell'attribuzione. Nel Regno Unito si può addirittura andare oltre, con un cognome del tutto nuovo, per una araldica che viene così stravolta.
C'è poi l'esempio più vicino a noi, di un Paese latino, cioè la Spagna, nel quale il doppio cognome non è affatto una scelta dei genitori ma una regola che prevede tra l'altro che, nel caso in cui il o la neonata venga riconosciuta da un solo genitore dovrà assumere comunque entrambi i cognomi. Non è dato sapere quali possano essere le conseguenze sul piano economico, in caso di contenzioso dell'eredità. Lordinanza della Consulta deriva da una istanza del tribunale di Bolzano sull'articolo, sopra detto, del codice civile e si riferisce a una sentenza della corte di Strasburgo risalente al 2014, secondo la quale: «La rigidità del sistema italiano, che fa prevalere il cognome paterno e nega rilievo ad una diversa volontà concordemente espressa dai genitori, costituisce una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, determinando altresì una discriminazione ingiustificata tra i genitori».
Va da sé che il ritardo di risposta e attuazione al verdetto di Strasburgo non ha spiegazione se non nella lentezza di giustizia del nostro Paese ma già nel duemila e sei era stato definito inderogabile l'intervento del legislatore sulla questione.
Si ripropone tuttavia una domanda: può la Consulta «fare legge» invece di riferirsi al parlamento? E poi l'ordinanza sarà immediatamente operativa? O è subordinata a un regolamento che dovrà adeguare l'ordinamento dello stato civile di cui si dovrà occupare il Viminale?
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