Signori, si risale. Ieri si sono conteggiati 552 casi, ed era dal 28 maggio che la contabilità del coronavirus non andava così in alto: erano 593 quel giovedì di dieci settimane fa ed era un'altra Italia, quella. Timorosa, incerta, alle prese con le prime timide aperture, dubbiosa su quale estate sarebbe stata questa. L'Italia di oggi è invece spavalda, affolla spiagge e discoteche, fa fatica a portare la mascherina, pensa che il peggio sia passato ma il peggio invece pian piano potrebbe tornare. Perché giovedì i contagiati erano 402 e l'aumento è netto. E nemmeno giustificato da un numero elevatissimo di tamponi: ieri ne sono stati messi a referto 59.196 e questo porta l'indice di contagi per test a sfiorare l'1 per cento: 0,93.
A portare molto in alto il dato dei contagi di giornata è il Veneto, dove si sono contati 183 nuovi casi. Seguono la Lombardia con 69, l'Emilia-Romagna con 54, l'Abruzzo con 39, il Piemonte con 37. Tutte le regioni hanno avuto ieri almeno un nuovo contagio (il minimo in Molise con 1). I casi attivi sono al momento 12.924, dei quali 12.103 in isolamento fiduciario a casa, 779 in ospcedale e 42 in terapia intensiva. I nuovi morti sono pochi, appena tre (nessuno in Lombardia) a dimostrazione che se il virus è tornato a crescere, almeno ha le armi spuntate. «Ci sono dei focolai, ma sono circoscritti. Il virus circola ma è controllato», rassicura il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, riferendosi alle regioni con l'Rt sopra l'1, «da guardare con maggiore attenzione». «Il virus potrebbe rialzare la testa, ma non necessariamente che dovremo avere molti malati in ospedale».
Sarà. Però da alcune regione arrivano messaggi preoccupati e dello stesso segno, che fanno immaginare in futuro possibili passi indietro nelle magnifiche sorti e progressive del post-lockdown. Lo ipotizza il governatore della Sicilia Nello Musumeci: «Non escludo che nei prossimi giorni ci possano essere misure ulteriormente restrittive. Saranno i numeri a dirci se dobbiamo chiudere di nuovo tutto. Ho lanciato un appello 15 giorni fa e mi pare che questo appello non sia stato raccolto. Nel frattempo sono stati chiusi alcuni esercizi commerciali e non escludo che nei prossimi giorni possiamo chiuderne altri perché non impongono ai propri clienti il rispetto delle norme di prevenzione e di cautela. Credevo di poter avere fiducia nella responsabilità dei siciliani, non vorrei ricredermi». Il suo collega della Puglia Michele Emiliano individua il punto di «massima pericolosità» nella riapertura della vita dopo le vacanze, «comincia con la riapertura delle scuole, trattandosi di ambienti al chiuso, e noi dobbiamo fare in modo che il virus circoli il meno possibile, lo dobbiamo isolare in maniera assoluta». Quindi è necessario «intensificare i controlli» soprattutto «sulle spiagge libere, sulla movida, su tutti quei luoghi dove non c'è un controllo specifico, dove non siamo in condizione di vedere se qualcuno ha la febbre, ha la tosse, non abbiamo l'elenco di chi entra e di chi esce, perché avere questi dati, verificare se qualcuno ha dei sintomi e avere il nominativo di chi frequenta un posto, è l'elemento di prevenzione più importante». Anche il governatore di una regione più nell'occhio del ciclone, Stefano Bonaccini dell'Emilia-Romagna (anche presidente della Conferenza delle Regioni), invita alla prudenza: «Dobbiamo stare ancora molto attenti, solo quando arriverà il vaccino saremo al sicuro. I ricoveri gravi non ci sono più, ma bisogna avere prudenza, non vorrei tornare a chiudere, bisogna continuare a reggere l'urto e abbiamo imparato meglio a reggere il virus, proviamo a continuare a reggere e lavoriamo insieme governo e Regioni».
E il ministro delle Regioni Francesco Boccia dice basta alle fughe in avanti, alle regole differenti tra un territorio e l'altro: «A settembre le scuole riaprono in sicurezza, per tutti, vanno allineate le
regole. Le Regioni hanno fatto delle scelte per condizione epidemiologica, cosa possibile fino al 20 agosto, ma dal primo settembre non si può più avere disallineamento». Avanti insieme, con i numeri che tornano a far paura.
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