Coronavirus

Conte, il premier senza coraggio che ora batte i pugni in Europa

Nella lettera che Giuseppe Conte ha indirizzato ad Ursula Von Der Leyen è stato chiesto maggior coraggio all'Europa di fronte alla crisi innescata dal coronavirus. Ma è stato spesso proprio il presidente del consiglio a mostrarsi traballante durante l'emergenza

Conte, il premier senza coraggio che ora batte i pugni in Europa

Vero è che l’Europa si è mossa in ritardo, altrettanto vero è che l’Ue non ha dato un segnale positivo a tutto il nostro Paese mentre in corsia i medici faticavano a curare tutti ed i commercianti in strada chiudevano le saracinesche.

Ma questo in realtà non può certo sorprendere: ben si conosceva anche prima della crisi legata al coronavirus il modus operandi interno alle istituzioni comunitarie, guidate dalla linea del rigore sui conti ed in cui, al centro di ogni discussione, l’economia ha sempre sopravanzato l’etica e la politica.

Un’Europa che certamente il presidente del consiglio Giuseppe Conte conosceva anch’egli molto bene. Del resto, è proprio sotto le insegne dell’Europa che è nato a settembre il suo secondo governo, a cui ha da subito voluto dare un’immagine di “figliol prodigo” nei confronti delle istituzioni di Bruxelles.

Giuseppi” aveva inaugurato la sua nuova avventura a Palazzo Chigi, promettendo rapporti più forti con l’Europa ed abbandonando i contrasti che invece hanno caratterizzato il suo primo esecutivo, quello cioè retto da Lega e Movimento Cinque Stelle. Adesso è lo stesso premier in prima persona a rendersi conto delle vere intenzioni dell’Ue.

Ed ora forse è troppo tardi per battere i pugni e chiedere “maggiore coraggio”, come scritto nell’ultima missiva che Conte ha inviato al presidente della commissione Ue, Ursula Von Der Leyen. Nella lettera, pubblicata su Repubblica, il capo del governo ha chiesto di mostrare “più ambizione, più unità e più coraggio”.

“Di fronte a una tempesta come il Covid-19 che riguarda tutti – si legge nel testo – non serve un salvagente per l' Italia: serve una scialuppa di salvataggio solida, europea, che conduca i nostri Paesi uniti al riparo”. Parole destinate a rimanere mero inchiostro su una carta che, all’interno dei palazzi della commissione, verrà probabilmente riposta dentro un cassetto.

Per di più perché pronunciate da un capo di governo a cui l’Europa ha subito chiesto, per benedire la sua nuova esperienza politica, di fare immediata inversione rispetto all’operato del suo stesso precedente esecutivo. E poi, in queste settimane contrassegnate dall’emergenza, è stato proprio Giuseppe Conte più volte a mostrare poco coraggio.

Quando il virus è comparso, la risposta da parte del governo è stata quella di “inseguirlo”: si chiudeva tutto lì dove il Covid-19 aveva dato primi segni di esistenza e, mentre si annunciavano le prime zone rosse, il morbo nel frattempo dilagava altrove. Quando i Carabinieri e la Polizia hanno cinturato la bassa lodigiana, il bergamasco ed il bresciano iniziavano a vivere il proprio incubo che, nel giro di poche settimane, porterà ad un disastro umano e sanitario con pochi precedenti.

Le prime comparse di Conte in Tv dopo i primi casi di positività, erano contrassegnate da generici inviti alla calma mentre si trovava in collegamento dall’unità di crisi con tanto di pullover della Protezione Civile. Poi sono arrivati i decreti, ma anche lì con non poche indecisioni: si chiudevano le scuole, ma si lasciavano giocare le partite seppur a porte chiuse e mentre si pensava a misure ad hoc per alcune province più colpite, il virus prendeva la via di altri territori.

Emblematico di quel periodo quanto accaduto nella notte del 7 marzo, quando una fuga di notizie sulla possibile chiusura della Lombardia ha creato un pericoloso esodo verso sud. Solo dopo si è capito, quando oramai il danno era fatto, che era il caso di blindare l’intero Paese.

Certo, c’è l’attenuante data dal fatto che una pandemia di queste proporzioni non si verificava da anni e che nessuno, sia tra i politici che tra i tecnici, era preparato a questa evenienza e nonostante l’esistenza di un piano anti pandemico. Ma, in generale, tra un decreto ed un altro inizialmente di coraggio a Palazzo Chigi se n’è visto molto poco.

Ed anche a livello economico, con manovre nell’ordine di 25 miliardi di Euro a fronte di esigenze ben più onerose, non sembra essersi al momento visto un governo per l’appunto molto coraggioso. Ad Ursula Von Der Leyen il presidente del consiglio dichiara che il Mes è uno strumento “obsoleto” ed indubbiamente ha ragione, anche perché l’attivazione di quel meccanismo rischierebbe di stritolarci definitivamente.

Per superarlo occorre oltrepassare steccati ideologici e tecnici che specie nell’Europa del nord sono tabù. Ci vuole indubbiamente coraggio, per l’appunto: ma Conte, traballante ed a volte poco deciso nel terribile mese di marzo appena passato, sarà nelle condizioni di battere realmente i pugni a Bruxelles?

Commenti