Conte resta chiuso a Palazzo E arriva l'incubo referendum

Il premier traballa e diserta il summit di Davos Col sì al taglio dei parlamentari l'esecutivo trema

Conte resta chiuso a Palazzo E arriva l'incubo referendum

B uca. Sedia vuota a Davos, niente «special address» italiano, imbarazzo nel salotto buono della finanza internazionale. Giuseppe Conte era atteso al Forum in mattinata. Doveva parlare davanti a una platea di banchieri, capi di Stato, economisti e dirigenti di azienda, invece all'ultimo momento ha deciso di cancellare il viaggio in Svizzera e di restare a Roma. Perché? Nessun giallo, spiegano da Palazzo Chigi, solo normale amministrazione: il premier ha annullato la missione per affrontare due dossier urgenti, Ilva e nomine, e per un importante Consiglio dei ministri serale. Secondo invece l'agenzia Bloomberg, sotto l'assenza improvvisa c'è «il clima di incertezza dopo le dimissioni di Di Maio dalla guida del M5s e la conseguente agitazione nella maggioranza». Infatti, la tenuta del governo è a rischio, tra due giorni si vota in Emilia-Romagna e in Calabria, i grillini si stanno decomponendo, gli altri litigano sulla prescrizione. E la Cassazione ha dato il via libera al referendum sul taglio dei parlamentari.

L'ufficio centrale della Suprema Corte ha dunque accertato «la liceità del quesito», la conformità con la Costituzione e la regolarità delle firme depositate dai 71 senatori. Ora, entro due mesi, il Consiglio dei ministri dovrà fissare la data per lo svolgimento della consultazione popolare, «in un periodo compreso tra il cinquantesimo è il settantesimo giorno», poi il Quirinale emanerà l'apposito decreto. Si voterà quindi in primavera, tra aprile e giugno, intanto la parola passa ai comitati per il sì e per il no. Tuttavia mai come stavolta, con i venti di antipolitica che soffiano, l'esito appare scontato: gli italiani preferiranno avere 600 o mille deputati?

Ma la domanda vera è un'altra: il referendum stabilizza il governo o gli accorcerà l'esistenza? Matteo Salvini, che molto ha contribuito a raccogliere le firme, propende per la seconda ipotesi. Scorge, nei mesi dell'interregno, una finestra per le urne e si prepara alla spallata finale. Forse però non fa i conti con la capacità di resistenza della coalizione giallorossa: Cinque stelle, Pd, Italia Viva non sembrano davvero pronti a una nuova sfida elettorale. Poi c'è Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha già fatto sapere che, in caso di crisi, non rianimerà la maggioranza bocca a bocca e non inventerà altre formule di governo. Però, siamo sicuri che il Colle sia disposto a mandare al voto il Paese subito, per eleggere con le vecchie regole delle Camere che sarebbero delegittimate in partenza? Se vincerà il sì sarebbe quasi impossibile non sciogliere ancora, dopo poche settimane, sarebbe impensabile mantenere in vita per cinque anni un Parlamento di mille persone quando i cittadini ne vogliono uno di 600. Senza contare la riforma elettorale: il Germanicum proporzionale è in lavorazione, le regole del gioco potrebbero cambiare. Perciò, se proprio dovesse cadere giù tutto, è più probabile un breve esecutivo di transizione.

Fantapolitica, al momento. Scenari che potrebbero però diventare più concreti in caso di collasso governativo. Conte ostenta sicurezza. Ricevendo a Palazzo Chigi il primo ministro albanese Edi Rama, fa pure lo spiritoso su Di Maio, dentro e fuori, di lotta e di governo. «Lo hai incontrato? Come era vestito, aveva la cravatta?» «Sì, ce l'aveva». «Ieri l'ha tolta e oggi se l'è rimessa subito». Eppure «Giuseppi» non se la passa molto bene. Oltre alle trappole del referendum, c'è una scadenza ravvicinata che potrebbe far cadere l'esecutivo.

Se la fortezza Emilia passerà al centrodestra, ce la farà il premier a resistere? E uno Zingaretti eventualmente sconfitto in casa nella storica regione rossa, riuscirebbe a restare segretario del Pd? Per non parlare dei grillini in rotta, della maggioranza litigiosa, delle crisi industriali. Palazzo Chigi balla, anche se in Italia, come diceva Prezzolini, non c'è niente di più definitivo del provvisorio.

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