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Il Conte rosso "tassa" i poveri. Niente sconti agli incapienti

La riforma fiscale esclude benefici per i redditi fino a 650 euro al mese. Danneggiati anche i pensionati

Il Conte rosso "tassa" i poveri. Niente sconti agli incapienti

Alla fine a rimetterci potrebbero essere i redditi bassi. Il paradosso della riforma fiscale allo studio del governo e dai partiti di maggioranza giallo rossa (teoricamente a vocazione sociale e redistributiva) e che esclude i redditi più bassi. Stesso difetto dei famosi 80 euro di Matteo Renzi, ha osservato l'ex ministro del Lavoro ed esponente Pd, Cesare Damiano. Il problema sono i cosiddetti «incapienti», chi cioè ha un reddito fino a 8.200 euro all'anno (circa 650 euro al mese) e non paga tasse. Sono destinati a non beneficiare di nessuna delle riforme in campo. Non del sistema basato sulle detrazioni alla base della proposta del ministero dell'Economia, che consiste nell'aumentare gli 80 di Renzi per i redditi che già ne usufruiscono (dalla no tax area fino a 26mila euro) e includere nel bonus quelli fino a 35mila euro.

Il problema era già emerso in passato, quando si era pensato a un contributo che potesse avvantaggiare anche gli incapienti. Dentro il governo il tema è stato posto dal viceministro all'Economia Antonio Misiani, che ha puntato i riflettori su «4 milioni di dipendenti incapienti» tra cui «giovani precari, part time involontari, fragilità vecchie e nuove del mondo del lavoro».

La tesi di chi non vuole estendere il taglio delle tasse ai mini redditi è che a loro oggi è riservato il reddito di cittadinanza. Che però, nelle speranze del Pd e di Iv, dovrebbe trasformarsi, perdendo le (tante) caratteristiche da sussidio e assumendo quelle da strumento di politica attiva per il lavoro.

A questo nodo, si aggiunge un problema di tipo tecnico che riguarda l'altra proposta di riforma, quella più vicina al M5s, che vorrebbe agire da subito sulle aliquote Irpef.

È sufficiente una detrazione perché i redditi vicini alla no tax area perdano il diritto gli 80 euro.

È un po' un vecchio vizio della sinistra, spiegava nei giorni scorsi un esponente della maggioranza. Colpire i redditi più alti, ma anche quelli più bassi, che il marxismo doc individuava come sottoproletariato. A rimetterci potrebbero essere i tanti pensionati con redditi bassi. Secondo l'Istat il 36,3% dei pensionati riceve ogni mese meno di 1.000 euro lordi, il 12,2% non supera i 500 euro. Un pensionato su quattro (24,7%) si colloca, invece, nella fascia di reddito superiore ai 2.000 euro.

Il cantiere fisco è comunque destinato a restare aperto fino alla primavera. Domani ci sarà il tavolo con i sindacati, che hanno chiesto una riforma più equa. Ma nemmeno loro hanno puntato i riflettori sul nodo incapienti.

Le ricette per tagliare le tasse saranno al centro del dibattito dei prossimi mesi. A favore di una rimodulazione delle aliquote Enrico Zanetti, ex viceministro all'Economia e commercialista. «Ogni miliardo in più su detrazioni settoriali, anche se condivisibili, rende inevitabilmente più difficile, non più facile, fare una riforma complessiva. Priorità sia aliquota 38% che scatta (scandalosamente) a 28.000 euro».

Resta il nodo delle risorse. «Quota 100 e reddito di cittadinanza continuano a rappresentare un pesantissimo fardello per le nostre finanze pubbliche. Risorse che potrebbero essere destinate per tagliare le tasse, a partire dal cuneo fiscale».

Potrebbero portare 10 miliardi e non i tre miliardi che la legge di Bilancio stanzia per la riforma fiscale.

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