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Conte sfida Draghi sulla giustizia ma rischia di schiantare i 5 Stelle

L'ex premier trama per tornare a Palazzo Chigi con il Pd

Conte sfida Draghi sulla giustizia ma rischia di schiantare i 5 Stelle

Trovata la quadra, risolto il litigio, restano i veleni. La mediazione tra Giuseppe Conte (nella foto) e Beppe Grillo, portata a termine grazie al contributo dei sette saggi e di Luigi Di Maio, permette di salvaguardare l'unità del M5s, evita una scissione dolorosa, ma lascia intatto il solco che divide il Garante dal nuovo presidente dei Cinque Stelle. In ambienti grillini raccontano che Conte, appena accettato il patto, abbia subito commentato con un «adesso tocca a me parlare con Draghi». Il riferimento è al tema della giustizia. Con la riforma della giustizia firmata da Marta Cartabia che arriva in Aula a Montecitorio il 23 luglio, tra le perplessità di una fetta di pentastellati. Ma soprattutto del loro leader. L'ex premier si è già espresso contro le nuove norme sulla prescrizione, che vanno a smontare la «Spazzacorrotti» dell'ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. «Conte non vuole far cadere Draghi, ma se ci fosse stato lui a trattare con il premier non avremmo votato a favore della riforma Cartabia in Consiglio dei ministri», dice al Giornale un deputato, contiano moderato. Secondo il quale un intervento dell'avvocato avrebbe evitato l'atteggiamento ondivago sulla prescrizione. Prima per l'astensione, poi a favore. Di Maio ha difeso il compromesso in assemblea, Conte cerca un modo per marcare le distanze dai governativi. Così tornano le voci, nella pancia dei gruppi parlamentari, che vedono un ex premier pronto a «staccare la spina» all'ex governatore della Bce. Spinto dai suoi fedelissimi e dallo staff, il nuovo presidente del M5s potrebbe collocare all'opposizione il primo partito del Parlamento, innescando effetti imprevedibili durante il semestre bianco. Tra i Cinque Stelle c'è chi sostiene che l'obiettivo finale di Conte sia il voto anticipato l'anno prossimo, poi il ritorno a Chigi, blindato dal Pd. Intanto i giallorossi hanno trovato la candidata per le regionali in Calabria, la neurologa di fama mondiale Amalia Bruni.

Ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo i numeri. Conte ne è cosciente. Sa che l'arma della rivolta sulla giustizia può rivelarsi spuntata. In Parlamento prevale l'istinto di autoconservazione e nessuno alzerebbe di nuovo la tensione dopo aver finalmente trovato l'accordo tra Conte e Grillo. Una pace che segna un pareggio tra i due. Uno zero a zero che scontenta tutti. La mediazione non soddisfa Conte, che voleva poteri assoluti, invece dovrà ancora vedersela con il Garante, custode dei principi e dei valori dello Statuto. Ma anche Beppe esce ammaccato dalla disfida. Il fondatore ha dovuto cedere sulle nomine della comunicazione e sulla segreteria politica e si è inimicato diversi parlamentari, stufi dei suoi show. Chi può cantare vittoria è Di Maio. Il ministro degli Esteri è stato l'esponente che più si è speso per il raggiungimento della pace e ha portato a casa il risultato. Con lui il gemello diverso Roberto Fico.

Il M5s del futuro sarà molto di più di una diarchia tra Conte e Grillo.

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