Continua il coro mondiale contro la Casa Bianca Il Cremlino sceglie di astenersi: non ci riguarda

Un milione di firme contro la visita di Trump a Londra. L'Onu: il bando è illegale

Roberto Fabbri

Continuano in tutto il mondo le proteste contro il bando firmato dal presidente Donald Trump contro l'immigrazione negli Stati Uniti di persone provenienti da sette Paesi musulmani considerati ad alto rischio. Perfino nel governo del Regno Unito che si avvia a legarsi all'America trumpiana con una rinnovata «relazione speciale» si levano voci critiche: il ministro degli Esteri Boris Johnson, intervenendo in Parlamento, ha definito l'ordine di Trump «molto controverso», aggiungendo che «non è un approccio che questo governo assumerebbe». Parole spese in un Paese che attende la prossima visita ufficiale del presidente americano, invitato (tra l'altro) a cena dalla regina Elisabetta. Notizia che ha spinto un milione di persone a firmare una petizione contro questa visita, mentre la premier Theresa May ha invitato a evitare atteggiamenti «populisti» nei confronti di «un alleato importante». Trump ha già fatto sapere - con il suo ormai noto stile poco diplomatico - che non gradirebbe l'incontro con l'erede al trono Carlo, paladino dell'ambientalismo.

Ieri è tornata a farsi sentire anche Angela Merkel, che insiste sul tema della non giustificabilità dell'ordine di Trump. La lotta al terrorismo, ha ribadito la cancelliera tedesca - oggetto di critiche molto dirette da parte del nuovo presidente americano -, non può portare a sospetti generalizzati e il bando voluto da Trump «è viziato da pregiudizio anti-islamico».

In Europa è un vero e proprio coro quello contrario all'iniziativa della Casa Bianca. Parigi annuncia un raddoppio dei visti in favoredegli iraniani per il 2017 a compensazione del decreto di trump. Bruxelles insiste nel fare un richiamo sui principi umanitari di base: «Noi non discriminiamo in base a nazionalità, razza o religione». E la responsabile della politica estera europea Federica Mogherini non perde l'occasione per affermare che «l'Europa è un'altra cosa, festeggia quando i muri crollano e non quando vengono costruiti. Noi continueremo ad ospitare e ad aver cura, ad esempio dei profughi siriani». Meno misurata e decisamente più aggressiva con le parole la sindaca di Madrid Manuela Carmona, esponente del movimento populista (ma di sinistra) Podemos: per lei l'ascesa al potere di Donald Trump è paragonabile a quella di Adolf Hitler nella Germania degli anni Trenta del secolo scorso.

Le Nazioni Unite sono sulla stessa lunghezza d'onda di Bruxelles: il bando di Trump viene definito «meschino, illegale e contrario ai diritti umani».

Ma le reazioni più dure - un fatto molto prevedibile - arrivano proprio da quel mondo musulmano dal quale Trump ha inteso proteggere gli Stati Uniti con la sua iniziativa. Così l'Irak, punto sul vivo, definisce «sbagliata» la decisione del presidente americano, ricordandogli che Stati Uniti e Irak «sono alleati». Ma il Parlamento di Bagdad si spinge oltre, e chiede che vengano adottate misure reciproche nei confronti dell'America di Trump.

L'Iran, finito nella lista nera del decisionista Donald, sostiene che «noi combattiamo il terrorismo, mentre gli Stati Uniti lo proteggono».

In questo contesto univoco e corale, sembra un piccolo capolavoro di sintesi diplomatica la scelta di Mosca, espressa dal portavioce del Cremlino Dmitry Peskov: «Non sono questioni che ci riguardano».

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