Contro i cinesi nessun "razzismo" Perché lavorano

Se i cinesi (che sgobbano) conquistano Bergamo

Contro i cinesi nessun "razzismo" Perché lavorano

È invalsa l'idea che gli italiani siano diventati razzisti e non sopportino la presenza degli stranieri, che hanno invaso città piccole e grandi sottraendo lavoro e opportunità imprenditoriali a noi indigeni sopraffatti da orde di immigrati. Ma siamo sicuri che le cose stiano così? O questo non sarà piuttosto un luogo comune, una fola spacciata per verità inoppugnabile? La seconda ipotesi, suffragata dai fatti che stiamo per descrivere, è la più probabile.

Prendiamo Bergamo e provincia, considerata a torto una terra intollerante e a forte densità leghista (peggio, lepenista). Secondo un'indagine dell'Ascom locale, la Cina è talmente vicina da essersi impadronita nel breve volgere di qualche anno di un'alta percentuale di locali pubblici (bar e ristoranti) nonché di negozi e bazar. Nel 2014 in confronto al 2013 le citate attività passate sotto la gestione di cinesi sono aumentate del 41,2 per cento, conquistando spazio nel capoluogo e dintorni con rapidità estrema. E il fenomeno, lungi dal declinare, è in continua espansione, lasciando prevedere che tra un lustro il dominio giallo sarà un dato di fatto.

Come mai ciò accade senza che la gente sia allarmata o tenda a protestare? Intanto, i cinesi sono silenziosi, non delinquono, non si «allargano», insomma non si fanno notare se non come uomini e donne disposti a lavorare indefessamente. Cosicché si sono mescolati con i bergamaschi con i quali hanno delle caratteristiche in comune: sgobbano evitando di lagnarsi. Puntano a guadagnare, al benessere, non si tirano indietro se si tratta di stare sul «pezzo» più delle canoniche otto ore.

Occorre sottolineare che gli esercizi rilevati a prezzi di mercato (anche più alti) dai signori con gli occhi a mandorla hanno incrementato di molto gli incassi, creando numerosi posti di lavoro. Abbassano le saracinesche poche ore la notte, per il resto le tengono alzate sempre e offrono un servizio accurato e continuato. I cinesi sono di forte temperamento, non hanno tutele sindacali, badano al sodo. I loro locali fanno fortuna perché efficienti e amministrati con giudizio: sono la prova che la crisi si combatte e si vince con i sacrifici, la tenacia, la voglia di sfondare. I clienti se ne rendono conto, apprezzano la disponibilità e la cortesia dei gestori e non hanno più nemmeno l'ombra della iniziale diffidenza nei confronti dei «diversi» alla cassa o dietro il bancone di vendita o di mescita, persone civili e di buona creanza.

Risultato: una perfetta integrazione fra orobici e cinesi, avvenuta grazie a una convivenza che non ha registrato resistenze degli ospiti sul piano dei costumi, delle abitudini. Soprattutto non si sono segnalati episodi di razzismo o analoghi sentimenti di ostilità. Viene spontaneo pensare che la xenofobia di cui si ciancia sui giornali e in tivù non esista nei confronti di chi, come i cinesi, si comporti correttamente. L'intolleranza, viceversa, scatta automaticamente verso coloro che rubano, spacciano droga, campano di espedienti e costituiscono una minaccia per la comunità.

Non c'è alcun attrito con gli immigrati in quanto

tali, ma con chiunque, foss'anche un connazionale, sgarri impunemente, mettendo a repentaglio la sicurezza dei cittadini. Non vi è peggior razzista di chi dia del razzista a chi non lo è e miri soltanto a vivere in pace.

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