Dal palco di Liverpool, dove è riunito il Partito laburista, il leader dell'opposizione Jeremy Corbyn attacca il capitalismo vorace dell'«avido è buono» e spara a zero contro «la politica economica del profitto». Da New York, dove ha aperto la seconda edizione del «Bloomberg Business Forum», la premier inglese Theresa May promette che «investire nel Regno Unito post-Brexit garantirà la più bassa aliquota del G20». Non poteva essere più marcata la differenza tra le due opzioni di fronte alle quali potrebbe trovarsi il Regno Unito, forse già entro Natale, se i negoziati sulla Brexit dovessero fallire e il Labour spingerà come promesso in queste ore urbi et orbi - per elezioni generali.
Dopo una vita da attivista pacifista, passata a combattere «l'imperialismo occidentale», Corbyn «il rosso» punta ora più che mai al voto anticipato per approdare a Downing Street e a realizzare il suo programma contro «otto anni di austerità distruttiva». Per la prima volta dai tempi gloriosi di Tony Blair potrebbe farcela, con un piano che la base considera una rivoluzione necessaria, dalla parte dei lavoratori e contro una politica estera guerrafondaia («Mai più interventi spericolati come in Irak e in Libia»). Un progetto considerato invece dal mondo del business un pericoloso salto all'indietro verso un socialismo di Stato e conti pubblici in profondo rosso.
Corbyn punta alla nazionalizzazione di acqua, ferrovie, energia e poste, propone di dare ai lavoratori delle grandi aziende il diritto a eleggere un terzo dei membri dei consigli di amministrazione, invita i Big del business a distribuire il 10% delle azioni ai dipendenti, annuncia una rivoluzione verde che garantirà 400mila nuovi posti di lavoro e zero emissioni di carbonio entro il 2050. Ma soprattutto punta al naufragio delle trattative sulla Brexit. Perciò fa sapere che il Labour voterà contro il piano Chequers e si opporrà a un'uscita senza accordo, che sarebbe «un disastro nazionale». A meno che un'eventuale intesa con Bruxelles non contempli l'adesione di Londra all'unione doganale e nessuna frontiera dura con l'Irlanda. L'obiettivo è arrivare a nuove elezioni e farsi avanti nelle trattative con Bruxelles. Altrimenti «tutte le opzioni sono sul tavolo», un modo per sventolare la minaccia di un referendum bis, con la possibilità che la Gran Bretagna resti nella Ue (ma sul punto il partito resta spaccato e il leader ha sempre detto di voler rispettare la volontà popolare). Non a caso Corbyn vedrà oggi a Bruxelles il capo negoziatore europeo Michel Barnier, dopo un incontro d'emergenza ieri tra gli ambasciatori Ue e la Commissione, spaventati dalla prospettiva che un'intesa con Londra possa naufragare a Westminster in caso di saldatura dei laburisti con i ribelli Tory.
I sondaggi, in caso di voto anticipato, sono ancora dalla parte della premier. I Tory avanti di 4 punti (per «Opinium»): May convince i pro-Brexit più di quanto Corbyn non convinca gli anti-Brexit della sua linea, considerata fumosa e morbida contro l'addio alla Ue.
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