È sempre più profonda la crisi all'interno del partito laburista britannico dopo la Brexit. Sono infatti 20 su trenta i ministri del «governo ombra» di sinistra che hanno rassegnato le dimissioni in aperta opposizione al leader Jeremy Corbyn, accusato di non aver saputo gestire al meglio - anzi, per qualcuno di avere addirittura boicottato - la campagna referendaria per il Remain.
Secondo l'ex ministro dell'Interno Alan Johnson Corbyn aveva «obiettivi contrastanti» con il resto del gruppo di lavoro. Accuse subito smentite dall'interessato che ha annunciato di non volersi dimettere e che si ricandiderà in caso di nuova elezione per la nomina del segretario. Oggi verrà votata una mozione di sfiducia nei confronti di Corbyn presentata ieri dal gruppo parlamentare laburista.
All'ondata di dimissioni Corby ha risposto creando un nuovo governo ombra. Tra le nuove figure della squadra ci sono Emily Thornberry, nuova responsabile degli Esteri; Diane Abbott, responsabile della Sanità; Pat Glass, al dipartimento dell'Istruzione, e Andy McDonald, responsabile dei Trasporti. Saranno nel nuovo governo ombra anche Clive Lewis alla Difesa, Rebecca Long-Bailey al Tesoro, Kate Osamor allo Sviluppo internazionale e Rachel Maskell all'Ambiente. Completano la squadra Cat Smith alle Politiche giovanili e Dave Anderson, responsabile per gli affari dell'Irlanda del Nord.
Ma dal partito continuano ad arrivare gli avvertimenti: Corbyn «non ha più l'autorità» fra i suoi deputati e dovrebbe considerare l'ipotesi di dimettersi, avrebbe dichiarato il vice leader Labour, Tom Watson durante un incontro tra i due. Ma Corbyn sembra avere ancora un po' di appoggio popolare.
Ieri almeno 5mila persone si sono radunate davanti al parlamento di Westminster, a Londra, con megafoni e striscioni, per chiedere al leader del Labour, Jeremy Corbyn, di «non mollare» al grido di «Fuori i Tory» e «Corbyn resisti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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