Coronavirus, la rivelazione di Cacciari: "Perché l'Ue non ci salverà"

Bruxelles arranca. Il coronavirus, l’ennesima crisi dopo quella economica e ambientale che ha colpito il mondo globalizzato, mette a nudo le sue criticità

Coronavirus, la rivelazione di Cacciari: "Perché l'Ue non ci salverà"

L’Europa è in pericolo. O, peggio, è un morto che cammina. Uno zombie. Il coronavirus morde dalle fondamenta. Ed è pronto a tirare giù i pilastri, già sbilenchi, eretti a Bruxelles. È giusto chiedersi cosa resta delle nostre libertà e dell’idea di Europa in questa emergenza. La situazione è grave. Questa epidemia, se non viene controllata e bloccata, potrebbe davvero combinare disastri. Non solo sul piano sanitario, ma anche economico e politico. È una crisi di sistema, non è soltanto una banale malattia. "I diversi Paesi occidentali, se intendono salvare le loro democrazie, bisogna che si mettano d’accordo. Che stabiliscano delle regole comuni su tutte le grandi questioni: economiche, finanziarie, sociali, ambientali, sanitarie. Molto semplice. Bisogna che le democrazie siano pronte ad affrontare la cosa", spiega Massimo Cacciari a Il Tempo.

Poi il caos sanitario. Immaginate se in Italia avessimo avuto anziché poco più di 5mila, 15mila terapie intensive. Già sarebbe stata diversa la gestione della pandemia. "In Germania ne hanno quasi 4 volte noi, la Francia tre volte noi. Se noi avessimo avuto terapie intensive per 4 volte di più la gestione della crisi sarebbe stata diversa. Ma averne quattro volte di più vorrebbe dire aver medici specializzati per quattro volte di più. Ripeto, non è a caso che abbiamo tagliato quaranta miliardi in dieci anni sulla sanità. Lo ripeto: quaranta miliardi", incalza il filosofo.

Per quanto riguarda i nostri medici, abbiamo tagliato troppo la corda. "Non è che sforbiciando sulla sanità, tagliando i reparti, bloccando con il numero chiuso la formazione di medici e degli infermieri, poi sei pronto ad affrontare una emergenza di questo genere. Quindi c’è l’emergenza, certo, ma poi ci sono i piani per affrontarla. Una politica preventiva che è del tutto mancata, in Italia, in Europa e nel mondo. Questa è la prima dimensione da affrontare. Poi c’è una valutazione più generale". Poi c’è un problema democratico.

"È una situazione catatonica che l’emergenza mette ancora di più in luce. La evidenzia in modo drammatico, ma non è che lo scopriamo oggi. È una situazione generale, in cui i luoghi di discussione, i luoghi di confronto, le assemblee, i parlamenti, eccetera, eccetera, sono sempre più insignificanti e percepiti sempre più così dalla gente, come momenti che ostacolano la decisione e non che la producono. Momenti di casino, di confusione, di dibattito vacuo. E questo è un problema generale". Durante un'epidemia, sempre, occorre che si debba rinunciare a qualcosa se non vogliamo ammalarci tutti. E dobbiamo limitare un po’ i nostri movimenti. "Il problema è che questa situazione evidenzia una tendenza di fondo, di crisi delle democrazie, di crisi della legittimità e della rappresentanza degli organi democratici". Il sistema non era pronto a reagire adeguatamente.

C’è anche la globalizzazione sul piatto di questa emergenza. Siamo in una situazione in cui tutti i fenomeni assumono immediatamente una dimensione globale. Cinquanta anni fa l’epidemia sarebbe rimasta in Cina. "Ogni fenomeno finanziario, economico, ambientale, sanitario, assume immediatamente un carattere pandemico". In un contesto del genere, laddove non ci sia una politica preventiva pronta ad affrontare queste emergenze globali, strutturata per affrontarle e sulla base di protocolli comuni, è chiaro che si andrà via via sempre più riducendo lo spazio della libertà.

Non c’è insomma un quadro definito a livello internazionale. Le cattive notizie non finiscono qui. Le crisi di carattere globale sono sempre più frequenti. Una volta è quella finanziaria, un’altra quella di carattere ambientale, un’altra quella sanitaria. "Beh è chiaro, afferma Cacciari, che tu in questo modo sei sempre in guerra. E se sei in guerra non c’è democrazia, non c’è libertà".

E qui si arriva alla cara vecchia Europa. E al suo ruolo mancato in questo periodo di difficoltà. Un’istituzione che arranca sotto i colpi del coronavirus e non solo. "L’immagine di sé che ha dato l’Europa in questa crisi è tragicomica.

Ognuno per conto suo, ognuno polemizzando con l’altro. E soltanto adesso, pare, qualcosa di comune, ma quando molti dei buoi son già scappati dalla stalla". L’Europa che speravamo è finita. E con questa classe dirigente che siede a Bruxelles non si può che andare a sbattere.

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