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Cortei e strade bloccate Ecco i veri intolleranti che paralizzano gli States

Da New York a Chicago, bandiere alle fiamme e traffico in tilt: 60 arresti. La «torre» blindata

N on sono bastati l'invito di Donald Trump a superare le divisioni, gli appelli all'unità del presidente Barack Obama e della sconfitta Hillary Clinton. L'America anti-Trump, quella che non accetta la vittoria del tycoon, è scesa in piazza in massa al grido di «Not My President» per protestare contro il nuovo Commander in Chief.

Il cuore delle dimostrazioni, organizzate in almeno 25 città degli Stati Uniti, è a New York, dove oltre diecimila persone hanno «assediato» per ore la Trump Tower sulla Fifth Avenue, a Manhattan, mentre il re del mattone era nell'attico all'ultimo piano con la famiglia. La protesta partita da Union Square e proseguita verso Midtown, cresciuta grazie al tam tam sui social media, è stata sostanzialmente pacifica, fatta eccezione per alcuni manifestanti che hanno dato alle fiamme una bandiera americana. Oltre sessanta persone però sono state arrestate con l'accusa di aver paralizzato il traffico sulla Fifth Avenue e anche a Columbus Circle, dove c'è il palazzo del Trump Hotel.

Tutta l'area dove si trova la residenza di The Donald, cuore dello shopping e del turismo di New York, a pochi isolati da Central Park, è blindatissima: l'isolato intorno al grattacielo è circondato da camion pieni di sabbia per formare una barriera protettiva e da decine di agenti in tenuta anti-sommossa, sopra la zona sono anche stati vietati i voli aerei. La tensione insomma rimane alta, anche per il timore di nuove manifestazioni e di scontri nel centro della città. «L'elezione di Trump è qualcosa che non doveva succedere - urla Bianca Rivera, 25enne di Harlem - Viviamo in un paese dove la diversità è una risorsa, non vogliamo un presidente razzista e sessista». Altri invece scandiscono: «Non siamo l'America di Trump».

Duemila persone sono scese in piazza anche a Chicago, e ancora a Philadelphia, Boston, Dallas, Seattle, Portland, San Francisco e Los Angeles. A Washington la folla si è riunita davanti alla Casa Bianca per esprimere tutta la propria rabbia e frustrazione. In alcune città come Oakland, in California, sono state appiccate le fiamme a copertoni e cassonetti, mentre a Los Angeles sono state bruciate effigi di Trump davanti al Municipio. E a Pittsburgh, in Pennsylvania, gli attivisti hanno intonato: «No Trump, no KKK, no all'America fascista». In strada sono scesi anche alcuni sostenitori di The Donald, che hanno gridato ai manifestanti «losers», «perdenti», e ancora «build the wall», chiedendo di costruire immediatamente il muro anti-immigrati al confine con il Messico, che ha rappresentato uno dei cavalli di battaglia della sua campagna elettorale. Il popolo anti Trump nella stragrande maggioranza dei casi non è animato dalla delusione per la sconfitta di Hillary Clinton, quanto dalla preoccupazione per l'elezione di una persona che durante la campagna elettorale ha promosso «xenofobia, razzismo, misoginia e islamofobia».

In tanti sono sostenitori di Bernie Sanders, il senatore socialista che durante le primarie ha dato parecchio filo da torcere all'ex first lady e di cui lei non è stata in grado di raccogliere il messaggio. In molti rimpiangono Sanders perché forse, dicono, con lui in campo il finale sarebbe stato diverso. E proprio il 74enne senatore del Vermont ha già assicurato che «si opporrà in ogni modo ad eventuali proposte basate sull'odio, sulle politiche razziste, e contro l'ambiente». Tuttavia, si è detto anche disposto a lavorare con Trump per aiutare gli americani: «Nella misura in cui sarà seriamente intenzionato a perseguire politiche per migliorare la vita delle famiglie che lavorano in questo Paese, io e gli altri progressisti siamo pronti a lavorare con lui». Anche un'altra paladina dei liberal, la senatrice Elizabeth Warren, ha chiesto al tycoon di mettere da parte le differenze e lavorare insieme per il bene dell'economia degli Usa.

Warren, che nei mesi scorso ha definito Trump un «vigliacco patetico», ora ha spiegato che l'integrità della democrazia americana è più importante di un'elezione individuale, sperando che il miliardario mostri «rispetto e attenzione per ogni singola persona negli Usa».

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