N e sa qualcosa Umberto Bossi che, a modo suo e negli anni in cui la politica ancora non passava per i social network, è stato maestro d'equilibrismo tra la Lega di lotta e la Lega di governo, con la prima a sparare bordate in ogni direzione e la seconda seduta in Consiglio dei ministri. Il paragone è ovviamente forzato e la situazione di molto differente, ma è vero che oggi Beppe Grillo sta iniziando a scontrarsi con quel dualismo che il Senatùr per lunghi anni seppe gestire con un fiuto politico senza pari. Perché una cosa è stare all'opposizione ad alzar la voce, altra è governare. Così come passa una bella differenza tra l'intransigenza di chi non vuole entrare nella partita per il Quirinale e il compromesso andato in scena mercoledì sera sulla Corte Costituzionale. Forse un po' troppo al ribasso, almeno stando ai militanti grillini che in rete si sono scatenati.«Inciucione». «Pateracchio». «Autogol». «Cazzata». Nel day after dell'accordo con il Pd, il popolo dei Cinque stelle ha bocciato l'intesa. Il punto, però, non è tanto la svolta propositiva del Movimento che finalmente decide di mettersi in gioco e non limitarsi a barricate spesso sterili. Che poi questo potrebbe essere anche un pregio per un partito giovane e che deve maturare, soprattutto in uno scenario che vede il resto dell'opposizione in uno stato confusionale permanente. Il problema sono i termini dell'accordo, che lascia alcune ombre. La prima è sul giudice costituzionale indicato dal Pd, Augusto Barbera. Solo il 4 dicembre Luigi Di Maio lo bollava come nome non credibile perché «è stato troppo nei partiti per pensare che sia super partes». Passati dodici giorni, esattamente ieri e dopo averlo votato giudice costituzionale, sempre Di Maio lo definiva una «personalità accademica indiscussa». La seconda ombra sta nella tempistica e nei modi, perché - si obietta sui social - dopo trenta fumate nere c'era il tempo per una consultazione on line, così da far decidere i militanti su un tema tanto sensibile. Invece ci si è accontentati di una riunione dei gruppi parlamentari che, pare, sarebbe stata pure piuttosto accesa. C'è una terza ombra, quella che più inquieta. E cioè che la mozione di sfiducia alla Boschi facesse parte dell'accordo. È stata presentata alla Camera (dove il governo ha numeri comodi) per ragioni di calendario, ma al Senato - pure se discussa dopo Capodanno - avrebbe avuto una portata decisamente più deflagrante per il governo, visto che per salvare il ministro sarebbe stati determinanti i senatori di Denis Verdini. Questa, secondo le malelingue, sarebbe stata la contropartita di Matteo Renzi per aver concesso un giudice costituzionale al M5S.
Di certo c'è che Grillo ha deciso di mettersi in gioco e svestire i panni del signor no a priori. Una svolta che, come dimostra il voto sulla Consulta, potrebbe essere un problema per una Forza Italia e un centrodestra che rischiano di finire all'angolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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