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Così Boccassini nascose i "consigli" di De Gennaro

L'ex pm svela, vent'anni dopo, il pressing dell'allora capo della Polizia: "Provò a fermarmi su Berlusconi"

Così Boccassini nascose i "consigli" di De Gennaro

Forse era meglio dare retta a Gianni De Gennaro. O forse era più giusto denunciarlo: come si permette il capo della Polizia di urlare contro un pubblico ministero, premere perché non indaghi contro un potente, impedirgli di fare il suo dovere? Invece Ilda Boccassini non fece nessuna delle due cose. Non denunciò il suo amico De Gennaro. Ma nemmeno gli diede retta: proseguì a testa bassa nella sua offensiva contro Silvio Berlusconi, sfoderando contro l'ex premier una nuova accusa, nuova puntata di un assedio che durava ormai da cinque anni. Una accusa destinata nel giro di una manciata di anni a rivelarsi infondata.

Il ruolo di De Gennaro - l'uomo più potente della sicurezza pubblica italiana - nei processi a Berlusconi non si sarebbe mai saputo se non l'avesse rivelato la Boccassini nel suo libro di memorie, La stanza numero 30, appena uscito da Feltrinelli: e che sta facendo notizia soprattutto per quanto la dottoressa rivela sui suoi rapporti affettuosi con Giovanni Falcone. Ma nel libro c'è molto altro. C'è l'autoritratto della protagonista di una stagione cruciale della giustizia italiana. E ci sono rivelazioni (vere fino a prova contraria) su episodi chiave. Come quello su De Gennaro che nel novembre 2000 convoca la pm nel suo ufficio al Viminale (e già questo sarebbe irrituale), e quando arriva le chiede «cosa stai combinando a Milano?». Il riferimento è la nuova accusa che la dottoressa sta preparando in quei giorni contro Silvio Berlusconi nel processo Sme: corruzione giudiziaria, un reato assai pesante che metterebbe il processo al riparo dalla prescrizione. De Gennaro rivela a Ilda che i suoi colleghi, a partire dal capo Gerardo D'Ambrosio, non sono d'accordo con lei. E «per il bene di tutti» le chiede di ripensarci.

Come andò a finire? Lei non ci ripensò, formulò la nuova accusa contro il Cavaliere. E anche da quella imputazione, come da tutte le altre del caso Sme, Berlusconi venne assolto «per non avere commesso il fatto»: esito del processo cui, nel suo libro, Ilda la Rossa dedica due righe. Ma la domanda vera è un'altra: perché ha taciuto per vent'anni? Perché non fece una relazione sull'ingerenza senza precedenti del superpoliziotto in un processo così delicato?

Non è l'unica domanda che il libro lascia sospesa. C'è la storia del pentimento di Salvatore Cancemi, che accusa Berlusconi di avere pagato Cosa Nostra: rovinato in buona parte, scrive, da uno scoop di Repubblica. Ilda dice di essere rimasta «annichilita e sconvolta» dalla fuga di notizie. Ma aggiunge anche che anni dopo, davanti a un bicchiere di whisky, il cronista autore dello scoop le rivela l'identità della fonte. È un uomo che Ilda dice di «conoscere bene». Ma che non denuncia, anche se ha danneggiato un'indagine cruciale. Perché? Chi era la «talpa»?

Storie recenti e storie remote, in cui Ilda - e qui è difficile darle torto - si dipinge come una «selvaggia», fuori dalle correnti e dai giochi di potere dei colleghi. Ma costellate di valutazioni impietose. Alcune destinate a chi non può più difendersi, come Giovanni Tinebra, suo capo a Caltanissetta. Alcune, spassosissime, dedicate alla vanità di Giancarlo Caselli (che in missione in Usa cerca la lacca per la chioma) o di Roberto Scarpinato, «narciso siciliano con l'acconciatura alla D'Artagnan». Alcune di violenza sorprendente, come il passaggio dedicato al suo ultimo capo, Francesco Greco, suo amico per decenni: che la emargina non solo dalle inchieste antimafia ma anche dai dibattiti, dove «senza interagire con me intratteneva le platee su tematiche di cui non era esperto».

E, su tutte le trecento pagine, l'ombra di Falcone. Che, tra un viaggio e un tuffo in mare, l'ammoniva a fare processi solo con prove irrefutabili. Invano.

(17 ottobre 1991, Falcone fuma nel cortile della prefettura di Milano.

Un cronista gli chiede una parola di solidarietà per la Boccassini, che Borrelli ha appena cacciato dal pool antimafia. E Falcone, sbuffando: sta parlando con la persona sbagliata")

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