Dal nostro inviato a Torino
Primo incrocio pericoloso. Nel pieno dello scontro interno sul ddl Delrio, il Pd continua ad ampliare i contatti con il mondo islamico e a integrare figure che provengono da quell'area culturale, un processo che apre una questione di identità che il partito non ha ancora affrontato con chiarezza. Lo scenario è Torino, gli spazi contesi da Askatasuna, le scorie della mobilitazione No Tav, la cronaca del "Re dei Maranza" arrestato giorni fa, l'imam Shahin espulso nelle stesse ore. In un contesto così teso, ogni tema legato all'identità entra subito nel campo della politica e ogni gesto assume un significato che va oltre la contingenza. Il convegno di Pro Mus, network di professionisti musulmani, si svolge nella chiesa valdese di corso Vittorio davanti ad almeno un centinaio di persone.
Poco prima dell'inizio, alcuni presenti si appartano per pregare, un gesto semplice ma sufficiente a definire il tono dell'incontro e il senso di radicamento della realtà che lo anima. Pro Mus non è un partito e non si presenta come soggetto politico, l'associazione raccoglie profili diversi senza un legame diretto con liste civiche o sigle di partito e descrive se stessa come uno spazio culturale, non come una fucina di candidature. Nel direttivo siede però Fatima Zahra Dahir, assessore in una giunta di centrosinistra a Cinisello Balsamo, e soprattutto tra i relatori compaiono Abdullahi Ahmed, consigliere comunale Pd a Torino, Abderrahmane Amajou, presidente nazionale di ActionAid ed ex consigliere Pd a Bra, e Yassin Lafram, presidente dell'Ucoii e interlocutore frequente del sindaco di Bologna Matteo Lepore.
La presenza congiunta di figure politiche, attivisti e rappresentanti religiosi conferisce al pomeriggio un peso che supera il semplice profilo associativo. Sui rapporti tra Ucoii e i Fratelli Musulmani, la Lega, in particolare l'europarlamentare Anna Maria Cisint, ha più volte sollevato dubbi citando anche la mancata pubblicazione dei bilanci dell'organizzazione. Alcuni protagonisti dell'evento hanno partecipato alla Flotilla, iniziativa che varie inchieste collegano a reti vicine a Hamas. Il passaggio più delicato però non si produce nella sala valdese, riguarda legami già emersi in passato, Ahmed e Francesco Tieri, fondatore a Roma di Muro27 considerato il primo tentativo esplicito di partito musulmano in Italia, sono comparsi insieme in un dibattito su Luce News, piattaforma che osservatori associano alla galassia dei Fratelli Musulmani, dove era presente anche Sana El Gosairi, allora candidata del Pd a Milano e oggi impegnata nell'associazionismo.
Ahmed riduce il significato dell'episodio e racconta di averlo rivisto "un anno fa". Muro27 smentisce contatti con il Pd, Tieri aggiunge, "Ma pure che fosse, cioè ammesso che uno di noi abbia parlato con qualche esponente di partito, quale sarebbe la notizia?" Il consigliere dem torinese sintetizza così la sua posizione: "Se i partiti si chiudono, allora rischiano di far nascere un soggetto religioso, non servono casini, l'effetto Madmani è questo, ridurre tutto a un marchio". Durante la conferenza, Amajou ha difeso l'imam espulso Mohamed Shahin, raccontando di aver parlato con La Vardera, che lo ha visitato nel Cpr di Caltanissetta, "È ingiusto quello che gli sta accadendo", ha detto dal palco. Il messaggio della giornata è chiaro, Pro Mus non costruisce partiti e non intende farlo.
Il quadro politico però mostra un incrocio che si ripete, mentre solo la parte riformista del Pd difende il ddl Delrio e dentro il partito cresce il dissenso, alcuni suoi esponenti locali si ritrovano accanto a figure che discutono di rappresentanza politica musulmana e, in alcuni casi, a chi ha già provato a darle una forma
organizzata. Non è un'intesa dichiarata, ma a tratti somiglia a prove di alleanza. Prima o poi però il Pd dovrà chiedersi quale linea intenda tracciare sul terreno, sempre più scivoloso, del rapporto tra religione e politica.