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Così i dem ingoiano il rospo Lega

Zingaretti fa il furbetto coi suoi: loro venuti sulle posizioni Pd

Così i dem ingoiano il rospo Lega

Ora il Pd cerca di mettere il cappello sull'operazione Draghi, operazione che più subita non si può. Tant'è che, quando SuperMario avrà acceso i motori del suo governo, il mellifluo segretario Zingaretti dovrà affrontare la resa dei conti interna. Il clima è rovente più che mai. È stato proprio il capo del Pd a sostenere la linea che ha fatto flop su tutti i fronti: o Conte o morte (con la convinzione che il Giuseppi ter fosse cosa già fatta), mai più con Renzi, patto d'acciaio con i 5 Stelle, sgangherata minaccia di un appoggio esterno visto che della partita c'è pure l'impresentabile Salvini, rischio di mettersi in collisione con il Quirinale. Insomma, un disastro firmato Zingaretti, Orlando e Bettini con la benedizione di baffino D'Alema. Un disastro, insomma; mezzo partito è in rivolta e chiede un congresso per decapitare Zinga che ora ha un sospetto in più: al governo con la Lega si può anche dire addio al sogno di una legge elettorale proporzionale. Insomma, si preannuncia la débâcle pure su quel fronte.

Roba da mettersi le mani nei capelli ma non certo sotto i riflettori, anzi. A Mezz'ora in più su Rai Tre, Zingaretti snocciola uno storytelling a cui non crede nemmeno lui. «Oggi siamo un punto di riferimento nella costruzione di questa operazione di governo, a cui collaboriamo», giura. Sì, come no: s'erano appiccicati a Conte con il Bostik. Menzogne anche sulla mossa leghista che ha spiazzato i dem mandandoli in tilt: «È Salvini che sull'europeismo ha dato ragione al Pd, non ci siamo spostati noi. Il problema più grande non è per noi, perché noi valuteremo tutto sulla base delle idee e della coerenza di chi oggi è diventato europeista. Il tema è che non è detto che a un aumento dei numeri corrisponda maggiore forza e stabilità del governo». Ma come? Non è un problema tanto che solo 24 ore fa Bettini faceva balenare l'ipotesi di sfilarsi parlando di appoggio esterno. Il rospo da ingoiare è stato enorme e pure il renziano Faraone mette il dito nella piaga dem: «Inviterei gli schizzinosi dell'ultima ora a rispettare le parole del presidente della Repubblica che ha chiesto al professor Draghi di rivolgersi a tutte le forze parlamentari, senza distinzione». Altra falsa verità zingarettiana: «Non ho paura di Draghi». Anche se il suo nome ha mandato all'aria i piani dell'agognato Conte Ter.

In casa scoppia l'incendio ma in Tv si dice che è tutto rose e fiori: «All'interno del Pd c'è clima di grande unità, non ci sono malcontenti per Salvini». Invece c'è chi invoca il redde rationem immediato e Zingaretti rimanda l'appuntamento molto più in là: «Il congresso ci sarà tra due anni, ma appena finita questa vicenda porrò il quesito di come andare avanti. Lo posso fare perché il Pd si è unito più di quanto non lo sia mai stato». Curiosa anche la lettura sulla svolta salviniana: «La pandemia ha fatto cadere i pilastri del sovranismo, ha spinto tutto il mondo alla collaborazione. Tant'è vero che è stato sconfitto Trump».

I piani di Zingaretti sono naufragati tutti. Compresi quelli relativi alle pedine da piazzare nel caso di un Conte Ter. Tutto all'aria ma Zingaretti la butta lì: «Speranza è stato un eccellente ministro della Salute».

Appunto: speranza.

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