"Così Mediobanca, dopo averci espropriato la passò liscia con la Procura di Ravenna"

Nel libro di Sama tecniche di "risanamento" di Piazzetta Cuccia

"Così Mediobanca, dopo averci espropriato la passò liscia con la Procura di Ravenna"
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Nell'estate del 1994 l'indagine ravennate arriva a un passaggio critico: Si dubita della veridicità del bilancio approvato il 30 giugno 1993, quel bilancio che di lì a poco subirà svalutazioni per centinaia di miliardi a opera di Enrico Bondi nell'ambito degli interventi strategici sul capitale di cui si è accennato. Di chi era la responsabilità di tali presunti falsi, posto che il 4 giugno 1993 il Gruppo era stato commissariato dalle banche e da Mediobanca in particolare? Il pubblico ministero Iacoviello indagò su questo aspetto e sulla singolarità che i mandati del 4 giugno, a cose fatte, quando ormai il controllo del Gruppo Ferfin era passato di mano, venissero riscritti in modo molto meno stringente. Ed ecco che nell'ambito di una perquisizione a Mediobanca comparve un autorevole parere firmato dal professor Crespi a monte della modifica dei mandati, per il quale i poteri conferiti il 4 giugno avrebbero determinato l'amministrazione di fatto del Gruppo Ferruzzi da parte dei vertici di Mediobanca, Cuccia e Maranghi in testa. Questo elemento unito ad altri numerosi riscontri, porta il pubblico ministero al dirompente passo: Cuccia, Maranghi, Gerardo Braggiotti vennero indagati per falso in bilancio. Verranno interrogati dal braccio destro del dottor Iacoviello, l'allora tenente colonnello della guardia di finanza Giuseppe Mancíni. Nell'ambito dello stesso sequestro vennero acquisiti anche verbali interni di Mediobanca che raccontavano come tra il 1992 e il 1993 la famiglia Ferruzzi si era rivolta a loro per cercare di avere un aiuto nella ristrutturazione del Gruppo, aiuto che tarderà non essendo stata valutata la situazione come critica. L'accesso a questi atti di indagine da parte della famiglia Ferruzzi fu vitale. Fu un'arma per difendersi dai fatti addebitati dopo il 4 giugno 1993 e anche per contrattaccare civilmente potendo avere finalmente le prove che era stato loro sottratto il controllo del Gruppo a opera di Mediobanca. Intervenne il parere di un famoso penalista bolognese, Massimo Nobili, e la procura si convinse e depositò gli atti d'indagine: io e gli altri membri della famiglia Ferruzzi potevamo essere parti offese rispetto alle accuse mosse ai vertici di Mediobanca; gli atti raccolti fino a quel momento vennero desecretati. I tempi erano maturi per la richiesta di rinvio a giudizio. Il 10 ottobre 1996 si aprì l'udienza preliminare davanti al gup, dottoressa Anna Mori. Oltre cento i capi d'imputazione, numerosissimi gli imputati tutti top manager, compresa Alessandra Ferruzzi, i sindaci e financo i membri della società di revisione. Ancora una volta il cuore del processo era l'accusa di falso in bilancio con tutta una serie di contestazioni satellite, non ultima l'accusa di appropriazione indebita ai danni del Gruppo. Tra gli imputati, tuttavia, non sedevano Cuccia, Maranghi e Braggiotti, la cui posizione venne stralciata. Gli atti completi delle indagini non vennero depositati restando nell'esclusiva conoscenza del pubblico ministero. Insorsero le nostre difese a questo arbitrio e il gup ordinò al pubblico ministero di depositare tutti gli atti di indagine, ivi compresi quelli relativi alle indagini di Mediobanca, dei quali la difesa aveva solo la parte a suo tempo depositata, ma la procura di Ravenna non ottemperò all'ingiunzione: l'indagine era top secret. Solo il pubblico ministero di Milano, a cui gli atti vennero trasmessi per competenza, Francesco Greco, accoglierà l'istanza difensiva. (...)

Alla fine, solo il tribunale di Ravenna presieduto dal dottor Gillotta renderà giustizia: quel 26 luglio 2001 tutti i membri della famiglia Ferruzzi verranno assolti. Giustizia venne finalmente fatta, almeno sul fronte penale.

Ma nel frattempo, nel pieno del turbine mediatico-giudiziario di Mani pulite di otto anni prima, il più importante e ricco gruppo industriale italiano, la Ferruzzi, era passato di mano senza pagamento di alcun corrispettivo.

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