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Così il "pacifista" Conte ha scippato a Letta la piazza progressista

La manifestazione di Roma ha segnato lo scollamento tra Pd e popolo della sinistra

Così il "pacifista" Conte ha scippato a Letta la piazza progressista

Un taxi vuoto si è fermato a Piazza San Giovanni, e ne è sceso Enrico Letta. Per descrivere la situazione del segretario del Pd all'indomani della manifestazione pacifista di Roma bisogna prendere in prestito, bonariamente, la fulminante battuta attribuita a Winston Churchill all'indirizzo del suo rivale laburista Clement Attlee. Il momento di Letta è complicato, lo si sa dai giorni della sconfitta del centrosinistra alle ultime elezioni politiche. Eppure la sceneggiatura del raduno per la pace ha reso plasticamente l'immagine di un leader provvisorio, contestato dalla sinistra e rimasto fuori dalla piazza contemporanea di Milano organizzata dal Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Nella tenaglia, tra i grillini che puntano a conquistare il cuore dei progressisti e i riformisti che lo tacciano di cerchiobottismo. Il segretario galleggia, in attesa di un congresso che segnerà la sua mesta uscita dalle stanze del Nazareno.

Piazza San Giovanni segna lo scollamento tra il Pd e il popolo della sinistra. Una fetta di elettorato che pure Letta aveva cercato di tenere aggrappata a sé con l'accordo stretto con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli prima del voto del 25 settembre. Ma i progressisti ormai si identificano più in Giuseppe Conte che nel magmatico e contorto panorama dem. L'avvocato è stato la star della piazza pacifista e il sorpasso grillino sul Pd è già certificato dai sondaggi. Senza pochette e cravatta, maglione scuro a collo alto, Conte si è fatto fotografare con il segretario della Cgil Maurizio Landini e dialoga con i rossoverdi più del loro alleato Letta. Giusta o sbagliata, la posizione assunta dai Cinque Stelle è chiara e intercetta un sentiment: basta armi all'Ucraina. Il M5s, infatti, non appoggerà altre spedizioni belliche verso Kiev. Con gli stellati ci sono la sinistra a sinistra del Pd, una parte del mondo cattolico, settori dello stesso Pd.

Non a caso Letta tenta di spiegare la sua presenza in piazza a Roma in un'intervista al quotidiano della Cei Avvenire, vicino alle posizioni pacifiste. «È stato giusto esserci anche a costo di subire piccole contestazioni. Sono molto contento di essere andato personalmente, contento che c'era tanto Pd, contento di come è andata», spiega il segretario dimissionario e cerca di ridimensionare i fischi e gli insulti che gli hanno riservato a Piazza San Giovanni. Parla di una piazza «in cui anche le nostre ragioni avevano cittadinanza». Ma non si capisce quali siano queste ragioni. «La pace non è equidistante, cioè non mette sullo stesso piano l'invasore e l'invaso», risponde al giornale dei vescovi. E sulle armi a Kiev «le scelte che faremo saranno in linea con quelle dell'Europa, se il governo sarà in linea con l'Ue troverà il nostro consenso». Peccato che i toni dell'evento pacifista siano stati diversi, tra slogan anti Usa e anti Nato.

Più a suo agio Conte, che sale sul ring contro il ministro della Difesa Guido Crosetto. «Crosetto non si azzardi a nuovi invii di armi senza passare dal Parlamento», ha tuonato Conte dalla sfilata per la pace. Il ministro di Fdi gli ha dato del «bullo di quartiere». Pronta la replica. Il leader M5s parla di «esternazione inaccettabile» da parte di Crosetto e insiste: «Fa impressione vedere un esponente di Fdi, che era all'opposizione, rivendicare lo stesso metodo di Draghi su armi e guerra». Nel frattempo Letta è bersagliato dal fuoco amico di Goffredo Bettini. «Conte è un potenziale alleato, è stato un errore dire mai più con il M5s», dice l'esponente della sinistra dem a Mezz'ora in più su Rai3. E anche sulla guerra è più in sintonia con Conte che con il segretario: «No a una crociata dell'Occidente contro il resto del mondo, sì a un'iniziativa diplomatica di pace».

Non c'è pace per Letta.

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