L'angioplastica è una procedura che viene utilizzata per dilatare un restringimento di un vaso sanguigno, vena o arteria, chiamato stenosi le cui cause possono essere diverse ma in genere sono da ricondurre alla presenza di una placca. Su come avviene questo intervento Il Giornale lo ha chiesto al presidente dei cardiologi italiani (Sic) e direttore dell'Istituto di Cardiologia dell'Università Torvergata di Roma, il professor Francesco Romeo. «La dilatazione del vaso viene effettuata attraverso uno speciale catetere a palloncino che viene introdotto attraverso un'arteria, in genere la femorale, fino ad arrivare nella zona coronarica e fino al punto dove è presente questa stenosi dice Romeo per poi essere gonfiato così da ripristinare il normale diametro del vaso e il conseguente flusso del sangue». Nel caso di Gentiloni, a quanto si apprende, si sarebbe trattato di un'angioplastica periferica e non direttamente sulle coronarie, che è l'intervento di maggiore attuazione.
«La procedura di angioplastica si esegue in anestesia locale aggiunge Romeo - il malato è di conseguenza sveglio e cosciente. L'intervento, salvo complicazioni, dura mediamente dai 30 ai 40/45 minuti, massimo un'ora, a secondo della complessità della lesione da trattare. Nella maggior parte dei casi la procedura di angioplastica si completa con l'applicazione di una reticella metallica, ricoperta o meno da un farmaco, chiamato stent». Dopo la rimozione del catetere a palloncino, che avviene in una sala apposita chiamata «sala di emodinamica» il personale medico compie «determinate manovre per evitare che il paziente possa avere una emorragia. I risultati dell'angioplastica sono oggi assolutamente ottimali avendo raggiunto tecniche di perfezionamento codificati in protocolli di intervento in tutte le cardiologie del mondo». Dopo un intervento di angioplastica quale può essere il decorso per il malato? «I tempi di guarigione per il paziente sono normalmente di 48/72 ore dall'intervento aggiunge Francesco Romeo e le percentuali di successo di questa tecnica sono assolutamente elevate, oltre il 95 per cento. Dopo l'avvento degli stent si è anche notevolmente ridotto il rischio che si possa ripresentare una nuova stenosi; e comunque oggi con le ultime tecniche di intervento in emodinamica è possibile effettuare nuovamente una nuova angioplastica. Questo ci porta a considerare che si tratta ormai di un intervento di quasi routine anche se non vanno mai sottovalutati possibili rischi».
Va anche detto che l'introduzione di stent metallici «non comporta alcun tipo di rigetto per il malato. Si tratta di introduzione nell'organismo di dispositivi composti da materiali biocompatibili. La sola cosa da fare è inizialmente somministrare farmaci anticoagulanti per evitare possibili formazioni di trombi: e poi effettuare i controlli periodicamente». È possibile riprendere una vita normale dopo un'angioplastica e aver messo uno stent? «Assolutamente sì, pur con le dovute cautele.
Ma oggi non ci sono rischi per la qualità della vita e per il futuro del malato».Procedura nata quasi mezzo secolo fa, messa a punto dal tedesco Andreas Gruentzig che per primo ebbe l'intuizione di introdurre in una vena un catetere a palloncino per la riapertura di una vena.
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