La "Cosa rossa" di Landini fa propaganda in fabbrica

I funzionari della Fiom a caccia di adesioni tra gli operai. E il logo copia quello della Cgil

La "Cosa rossa" di Landini fa propaganda in fabbrica

Esistono già il nome, il simbolo e un embrione di apparato della «Cosa» che sta nascendo rapidamente, nella prateria lasciata libera dal Pd alla propria sinistra, in quell'universo vasto ma finora litigioso che sta tra la Fiom, il sindacalismo di base, gli irriducibili del comunismo, schegge in rotta di Sel e quant'altro. Quando Susanna Camusso, segretaria della Cgil, nella sua intervista al Foglio di settimana scorsa ha dato per imminente la nascita di un partito a sinistra del Pd, lo ha fatto con cognizione di causa: perché la Camusso sa perfettamente che è proprio dentro la Cgil che non solo militanti di base ma anche pezzi di apparato stanno in queste settimane portando la «buona novella» tra lavoratori iscritti e no. È l'ala sinistra della Cgil - e non della sola Fiom - ormai sideralmente distante dal governo dopo l'approvazione del Jobs Act, a fare da incubatrice al nuovo soggetto. Il cui simbolo (non è un caso, e anche questo farà difficilmente piacere alla Camusso) ricorda assai da vicino quello della Cgil stessa.

Si chiama «Sinistra Lavoro», e per adesso esiste ufficialmente solo come «comunità» su Facebook e sito web. Ma basta un'occhiata alla pagina della comunità per capire quale magma si stia ricostruendo intorno al progetto. Manca, allo stato, il leader carismatico: almeno fino a quando Maurizio Landini non salterà il (piccolo) fossato tra sindacato e politica, o Giuliano Pisapia non deciderà cosa fare da grande, dopo aver lasciato Palazzo Marino. Ma l'elenco dei primi 250 sottoscrittori dell'appello fa capire che stavolta l'obiettivo non è creare l'ennesimo partitino della sinistra, inevitabilmente destinato a percentuali da prefisso telefonico, ma un rassemblement che possa aspirare a qualcosa di più: anche se i modelli della Syriza greca e dei Podemos spagnoli appaiono per ora più che altro dei miraggi.

I vertici della Cgil finora hanno lasciato correre, ma è chiaro che se l'opera di propaganda continuerà, e soprattutto se a portare il verbo di «Sinistra e Lavoro» continueranno ad essere funzionari sindacali a tempo pieno, pagati dalla confederazione, il problema diventerà ingombrante. Di fatto, in queste settimane, un po' ovunque in tutta Italia - ma soprattutto a Milano - alla base militante della Cgil, disorientata e smarrita sotto i colpi della normalizzazione renziana, l'annuncio del nuovo partito sta arrivando sotto l'egida del sindacato, tanto da rendere difficile agli iscritti capire se a preparare la «Cosa» sia la Cgil in quanto tale, una sua fazione, o singoli dirigenti.

Nell'elenco dei primi 250 sottoscrittori dell'appello c'è un po' di tutto. Certo, fa un certo effetto che il portavoce sia un superspecialista della scissione a sinistra come Claudio Grassi: che uscì a sinistra dal Pci insieme a Cossutta creando Rifondazione, poi a sinistra da Rifondazione insieme a Bertinotti, poi a sinistra dall'«Ernesto» creato da Bertinotti per dare vita a Essere comunisti.

Ma nell'elenco (aperto solo per motivi alfabetici dal magistrato Vincenzo Accattatis) c'è davvero un florilegio dell'arcipelago arrabbiato dell'oltre-Pd: vecchi filosovietici, movimentisti come Luciana Castellina, dirigenti di Italia-Cuba, esponenti dell'Arci, di Rifondazione, dell'Associazione partigiani.

E tanti dirigenti della Cgil. Che, con buona pace di Susanna Camusso, fanno sapere alla segretaria e agli altri vertici del vecchio sindacato di Lama e Di Vittorio che ormai la «Cosa» esiste. E presto la Cgil dovrà farci i conti.

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