Nel giugno scorso tra i 25 nuovi Cavalieri del Lavoro nominati dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, su proposta del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda c'era anche lei: Catia Bastioli, presidente di Terna e amministratore delegato di Novamont. Laureata in chimica, esperta in scienze dei materiali con una particolare attenzione alla sostenibilità ambientale si è reinventata imprenditrice quando l'impero costruito da Raul Gardini si è disgregato travolto dallo scandalo. E fu proprio grazie alla Bastioli che dal naufragio Enimont emerse la Novamont.
In soli dieci anni arriva a 40 milioni di euro di fatturato ma è con il business degli shopper biodegradabili che la Novamont fa il botto. A fine anno ha annunciato il raddoppio della produzione da 50.000 a 100.000 tonnellate di biopoliesteri per il primo trimestre del 2018 con un fatturato salito a 170 milioni. Un boom al centro di una polemica: all'epoca si disse che la normativa che vietava i sacchetti di fatto favoriva, a scapito di tecnologie concorrenti, la diffusione degli shopper di Mater-Bi, materiale a base di amido di mais e oli vegetali «inventato» dalla Bastioli che così lo definisce: «grazie alle sue caratteristiche della biodegradabilità e compostabilità e all'alto contenuto di materie prime rinnovabili, consente di ottimizzare la gestione dei rifiuti organici».
Il 24 marzo del 2012, quando in carica c'era il governo Monti, venne pubblicata in Gazzetta Ufficiale la normativa che rende obbligatorio per legge l'uso dei sacchetti biodegradabili. Non solo. Erano già previste pesanti sanzioni nei confronti di chi avesse commercializzato sacchetti di plastica non compostabile, come sono quelli della Novamont. E fu allora che si scatenò la polemica. Assoecoplast, associazione di produttori di sacchetti oxo-biodegradabili in politilene più additivi verdi, fece invano ricorso all'Antitrust sostenendo che la normativa veniva a creare di fatto una situazione di mercato che avrebbe favorito la Novamont perché era l'unica azienda a produrre quel tipo di sacchetti ammessi dalla legge. Come spesso accade in Italia anche i tempi si sono allungati e la dead-line per l'attuazione del divieto è stata prorogata anno dopo anno fino al 2018. Non solo. Assoecoplast, sosteneva pure che l'uso dei sacchetti a base di mais non presentava particolari vantaggi rispetto alla plastica resa biodegradabile con additivi. Si faceva notare soprattutto che potevano essere riciclati perché più resistenti senza creare problemi nei processi di riciclo della plastica raccolta in maniera differenziata.
Quelli a base di amidacei, sosteneva Assoecoplast, devono essere inviati
all'impianto di compostaggio, sono adatti solo per la raccolta dell'umido e non possono essere riutilizzati vista la fragilità. Punti di vista contrapposti in una battaglia di opposte lobby. In mezzo, gli ignari consumatori.
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