Milano Bettino Craxi: il solo nome ha mandato in tilt la sinistra. Il Pd è spaccato, il sindaco infuriato col gruppo, i «veterani» hanno sconfessato i giovani. E per scatenare questa crisi di nervi generale è bastata la proposta discussa lunedì in Comune: una via da dedicare al primo socialista (e primo milanese) presidente del Consiglio.
«Il Pd ha dimostrato immaturità politica e dipendenza dal giustizialismo targato 5 Stelle» attaccava ieri Mariastella Gelmini, capogruppo di Fi e consigliera a Milano. I grillini in effetti vanno avanti a colpi di certezze giustizialiste, peraltro sempre più improbabili. Ma il Pd è nel pallone, e non è un caso. Non riesce a fare i conti con Craxi perché farlo richiederebbe un'identità. Lo spiega impietoso Stefano Pillitteri, figlio dell'ex sindaco Paolo, nonché nipote di Bettino e assessore forzista al tempo di Letizia Moratti: «Qualcuno ragionevole c'è, lì dentro. Ma è proprio il Pd inteso come partito a poggiare ontologicamente su una menzogna di fondo. Ciò lo rende inevitabilmente un partito fallito. E imbarazzante». Imbarazzanti sono i «vorrei ma non posso» dei riformisti ed ex renziani, bloccati dai veti dell'area opposta, che finora ha avuto la meglio. E imbarazzato è il sindaco Beppe Sala (nel tondo), che non sa più che fare, pagando lo scotto di una carenza di cultura politica. Oscilla Sala. Auspica «discussioni» che poi non apre. E quando il Consiglio discute non si fa trovare. «Latitante qui è la giunta» lo ha incalzato, lunedì, perfino la Lega. «Constato che proprio non si riesce a dibattere con sufficiente serenità della figura del leader socialista» ha ammesso Sala ieri, per poi prendersela col partito: «Nella mia comprovata lealtà verso il Pd mi permetto di dire che questa volta la gestione è stata veramente discutibile». Il capogruppo Filippo Barberis, da parte sua, aveva proposto un fantomatico «percorso di riflessione» sulla figura di Craxi, ma quando i giovani del partito hanno organizzato un convegno, i big li hanno sconfessati. «Mi spiace se qualcuno ha immaginato di strumentalizzare i giovani democratici» ha detto ieri l'ex ministro Barbara Pollastrini, chiedendo di «voltare pagina». Il paradosso è che nella città più riformista d'Italia - fatta grande dai socialisti e dai socialdemocratici - il Pd si trovi con dei gruppi consiliari sbilanciati a sinistra. Così in Consiglio è sfumato anche il possibile compromesso: una targa da porre in via Foppa, vecchia casa di Craxi, quello che il Pd aveva individuato come «un segno di memoria più sobrio». Stefania Craxi ha liquidato il tutto così: «Il Pd invoca sobrietà senza rendersi conto che l'unica ubriacatura è la loro, sbronzi come sono di un giustizialismo di maniera e di un moralismo d'accatto, oggi accentuato dalla ricerca spasmodica di un'alleanza locale e nazionale con pentastellati i quali, come da copione, non potevano che, conformemente alloro stile, buttare tutto in offese». Intanto il centrodestra i conti con Craxi li ha fatti e li vuol fare, anche per recuperare il suo «sovranismo» ante-litteram. Non solo Fi, anche la destra.
Milita convintamente in Fdi, con un passato da riformista, Stefano Maullu. «I comunisti sono sempre gli stessi» dice. E parla di un «rifiuto di contestualizzare un pezzo di storia nazionale, proprio a Milano, dove è nata la proposta riformista».
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