L a recessione è finita, dice l'Istat. Evviva. Il Pil del primo trimestre cresce dello 0,3%. Ari-evviva. Torna il segno «+» sulla congiuntura italiana. Come sopra.
Una curiosità, anzi due; o forse sono molte di più. Il dato del Pil, vale ancora come indicatore per fotografare il benessere di un Paese? Qualche dubbio viene anche a Matteo Renzi: «A che serve tornare a crescere nelle statistiche - dice - se non torniamo a crescere nelle scuole?».
Il dato, in effetti, rappresenta solo un numero - anche decimale, per di più - che rilancia un'immagine destinata a restare bloccata sugli assi cartesiani dell'Istat. Ma non riflette la realtà economica e sociale nel Paese.
Per carità, dopo quattro anni di recessione continua vige la regola del: piuttosto che niente, meglio piuttosto. Quindi, gioiamo festanti di fronte a questo +0,3%. Ma a quei 13 italiani su cento che sono senza lavoro, o a quei 43 giovani italici che provano a cercarne uno per la prima volta, cosa rappresenta quel numero decimale? Poco.
Incurante del rischio «brutta figura», un popolo di parlamentari festanti rende gloria al dato Istat. E ne attribuisce il merito ora al Jobs Act, ora agli «80 euro», ora «alle riforme». A guardare i numeri dell'Istat, però, il dato va ridimensionato. E di parecchio. Almeno per i suoi effetti sull'economia reale e sui conti pubblici.
L'Istituto centrale di statistica spiega che il dato di crescita acquisita su base annua è dello 0,2%. E per merito dei settori agricolo e industriale; fermi i servizi. Subito dopo il comunicato sul Pil, l'Istat ha diffuso anche quello sull'inflazione. In aprile è cresciuta dello 0,2%, rispetto a marzo. Ma l'indice dei prezzi al consumo - su base annua - è diminuito dello 0,1%.
Questo arzigogolo di numeri non serve (solo) a far venire il mal di testa. Ma per cercare di comprendere che l'impatto reale del dato sul Pil (0,3%) si riduce allo 0,1%: 0,2 di crescita annua acquisita meno il -0,1% di inflazione. Per carità, ben venga anche un decimale di crescita: è come un sorso d'acqua per chi ha attraversato un deserto (recessione) lungo quattro anni.
Ma forse è un po' poco. Visto che, nel frattempo, ha iniziato ad operare la politica monetaria espansiva della Bce, voluta da Mario Draghi. E la politica di riforme del governo Renzi. Se il combinato disposto della tenaglia pro-crescita ha prodotto solo un aumento reale del Pil dello 0,1%, forse qualcosa non ha funzionato.
Il dubbio è legittimo. Soprattutto per quei 13 italiani su cento che cercano un lavoro. Forse lo troveranno con il Jobs Act tra qualche mese. È assai probabile. A condizione che ripartano i consumi nazionali. La domanda interna (sostenuta della creazione di scorte) sale leggermente, ricorda l'Istat. Ma non in modo da condizionare il Pil. È evidente che senza un deciso abbattimento fiscale, nei prossimo mesi la crescita rimarrà dello «zero virgola»: un puntino sulle ascisse della statistica nazionale. Con buona pace dei disoccupati vecchi e giovani. Per il momento, evviva il +0,3%.
di Fabrizio Ravoni
Roma
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.