Stablecoin, l'arma della politica estera Usa

Le stablecoin sono nate come strumento di trading nel mondo crypto, ma la musica sta cambiando

Stablecoin, l'arma della politica estera Usa
00:00 00:00

C'è un fenomeno silenzioso che sta trasformando la finanza globale in un campo di battaglia geopolitica: le stablecoin. In cinque anni, la loro capitalizzazione è passata da 20 a quasi 250 miliardi di dollari. Una crescita esponenziale che non è solo frutto dell'innovazione tecnologica, ma di una precisa strategia di Washington. Oltre l'83% delle stablecoin è ancorato al dollaro. È il segno di come gli Stati Uniti stiano impiegando questi strumenti per blindare la propria egemonia monetaria. Prendiamo Tether, che con 150 miliardi di capitalizzazione detiene un tesoro in Treasury americani. È domanda strutturale di debito Usa, in un momento in cui il deficit pubblico americano viaggia su cifre mai viste. E a giugno è arrivata la mossa politica: World Liberty Financial, società legata alla famiglia Trump, ha lanciato la stablecoin USD1. Una coincidenza? Difficile crederlo.

Le stablecoin sono nate come strumento di trading nel mondo crypto, ma la musica sta cambiando. Al Congresso americano è in discussione il Genius Act, la legge destinata a normare il settore. Approvato già al Senato, il Genius Act impone agli emittenti con capitalizzazione sopra i 10 miliardi di dollari di detenere riserve totalmente coperte e garantisce ai detentori priorità nei rimborsi in caso di default. In sostanza, si tratta di trasformare le stablecoin in piccoli fondi monetari.

E qui entrano in scena le banche. Perché il Genius Act potrebbe consentire a colossi come JPMorgan o Citigroup di emettere proprie stablecoin. Non solo per accelerare i pagamenti internazionali, ma per difendere la clientela dal rischio di migrare verso operatori crypto o giganti del retail.

Perché i giganti del commercio elettronico non stanno a guardare. Walmart, Amazon ed Expedia stanno studiando come emettere proprie stablecoin, tagliando fuori Visa, Mastercard e i circuiti bancari. E se non emetteranno, inizieranno comunque ad accettarle. Entro l'anno, Shopify consentirà di pagare in USDC, con cashback dell'1%.

Ma siamo davvero davanti a una rivoluzione? O è solo un maquillage tecnologico? La realtà è che le stablecoin assomigliano molto a fondi monetari. Gli interessi sui Treasury vanno agli emittenti, non agli utenti. E chi compra stablecoin non ha garanzie federali sui depositi, come avviene con i conti bancari.

Il vero motivo per cui gli Usa spingono sulle stablecoin, però, è geopolitico. È la grande operazione di "re-dollarizzazione" del pianeta. La Casa Bianca ha la necessità di deprezzare il valore del dollaro al fine di favorire l'export dell'industria americana mantenendo però alta la domanda i Treasury. Un obiettivo apparentemente contraddittorio ma possibile almeno in teoria con le stablecoin. Washington inoltre sa che la popolazione di molti Paesi emergenti non si fida delle valute locali. Le stablecoin sono la soluzione perfetta: ancorate al dollaro, fluttuano liberamente rispetto alle valute locali, erodono la sovranità monetaria dei governi e si trasformano in un cavallo di Troia finanziario.

In Europa questo disegno non passa inosservato. Christine Lagarde ha parlato chiaramente di rischio fuga di capitali dall'euro verso stablecoin in dollari. Un tempo, si sarebbe parlato di dollarizzazione. Oggi il termine giusto è re-dollarizzazione made in Usa.

Il regolamento europeo MiCA impone agli emittenti di stablecoin di custodire fino al 60% delle riserve nelle banche europee. Ma questa misura rischia di replicare il modello cinese, dove lo yuan onshore è separato da quello offshore.

Gli Usa, invece, giocano la carta dell'ambiguità strategica. Il Genius Act non dice se le stablecoin emesse onshore e offshore da uno stesso emittente siano fungibili. È una scelta deliberata. Significa mantenere il potere discrezionale di decidere chi includere nel sistema dollaro e chi no.

Il caso Tether è emblematico. La società ha sede a El Salvador, paese diventato corridoio offshore per il dollaro. Dopo il 2008, molte banche americane hanno chiuso le loro corrispondenze in diversi paesi, lasciando spazi vuoti colmati oggi da Tether. È il ponte invisibile fra sistema onshore e offshore. Ma resta un mistero chi possa creare o riscattare Tether contro dollari reali. Questa opacità potrebbe essere la chiave dell'intero gioco.

L'Europa punta su controllo centralizzato e digital euro. Gli Stati Uniti, invece, su un modello distribuito. Con un messaggio implicito: "Vuoi usare dollari? Fallo pure.

Ma se provi a rimpatriare soldi illeciti, rischi la mega-prigione in El Salvador".

Per concludere, dietro le stablecoin c'è molto più di tecnologia. C'è il tentativo americano di riprendersi il mondo finanziario, alle proprie condizioni. Geniale. Se dovesse funzionare.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica