Criticare tutti è una droga Come disintossicarci in cinque (difficili) passi

I social network esasperano la nostra tendenza a emettere sentenze su vita e opinioni altrui

Criticare tutti  è una droga Come disintossicarci in cinque (difficili) passi

«Sei arrogante». «Certo, che cosa ci si può aspettare da uno che vota Pinco Pallo?». «Guarda che con tuo figlio sbagli tutto, credimi». Scene di ordinaria intolleranza, generalmente girate sul tempestoso set dei social network. Perché sì, i social evidenziano ed esasperano uno dei nostri peggiori difetti: non facciamo altro che giudicare. Spesso persone di cui sappiamo poco o niente.

Non passa giorno, spesso non passa ora senza che ci issiamo sullo scranno del nostro personalissimo tribunale. I reati per cui ci autoassegniamo il potere di emettere una sentenza inappellabili sono i più vari: le idee politiche, i gusti in fatto di serie tv, il tifo calcistico, ma anche questioni personali che per la loro stessa natura dovrebbero essere immuni da ogni censura o comunque trattate con delicatezza. Il nostro tribunale funziona a tutte le ore, anzi fa della velocità (nemica spesso del pensiero, sempre della prudenza) la sua principale caratteristica. Questa cosa ci dà un senso di sollievo immediato, seguito sovente da un disagio che resta a serpeggiare tra i vari angoli della nostra anima per qualche ora, a volte per giorni.

Il giudizio, di solito negativo, è una droga che intossica la nostra vita. E dalla quale possiamo (e dobbiamo) disintossicarci. Alcune regole le detta la giornalista e scrittrice americana Gabrielle Bernstein, firma del New York Times, che al problema ha dedicato il libro Judgement Detox (sottotitolo: lìberati dalle convinzioni che ti impediscono di vivere una vita migliore). In un articolo che il Guardian le ha dedicato, si ricavano cinque passi per iniziare a liberarsi dalla «scimmia» del martelletto. Eccoli.

Fai un inventario dei tuoi giudizi. Prendi un foglio e metti in fila i tuoi ultimi «processi»: chi hai giudicato, per che cosa, come ti fa sentire quel giudizio, per quale motivo ti senti autorizzato a emetterlo. Un elenco onesto, in cui non va trascurato nulla, e la cui parte più importante è l'ultima, che potrebbe far emergere traumi e ferite di un passato che abbiamo nascosto sotto il tappeto della nostra vita. Importante è fare questo esercizio ogni giorno per diversi gionri. Evitando il rischio maggiore: quello di giudicare se stessi.

Ascolta la tua voce interiore. Dobbiamo prestare ascolto a quello che ci dice la parte più recondita di noi stessi, che spesso tendiamo a ignorare perché imparentata con la nostra coscienza, che non è mai una compagna accomodante. Spesso la nostra voce interiore ha bisogno di un megafono esterno, che può appalesarsi nei modi più strani: il parere di un estraneo, la frase letta in un libro, una scena osservata in metropolitana. L'importante è avere le antenne dritte.

Accetta gli altri per quello che sono. Le persone non sono mai quello che noi vorremmo che fossero, altrimenti sarebbero noi. Ed è inutile cercare di cambiarle. Se anche qualche aspetto di una persona che ci siamo sentiti di giudicare pubblicamente non ci piace, certamente ha tante altre cose che invece ce la rendono gradita: elenchiamole in un foglio. Questo esercizio affinerà empatia e compassione.

Perdona. Altro esercizio: prendi un foglio, traccia tre colonne e scrivi nella prima chi hai giudicato e come ti fa sentire; nella seconda elenca i motivi per cui potresti e dovresti lasciar correre; nella terza chiedi alla tua guida interiore aiutarti a perdonare. Il perdono, scrive la Bernstein, è qualcosa che richiede pratica, e spesso si impara a frequentarlo partendo dalle cose più piccole.

Interrompi il circolo vizioso. Sfrutta tutti i passaggi suelencati per non ricadere nella filiera delle cattive abitudini che ci porta a emettere giudizi sugli altri. Quando senti che la sentenza affiora, datti il tempo di pensare, magari chiedi alla persona che stai per «condannare» di spiegarsi meglio, punta sulle vostre somiglianze.

Oppure dirotta le tue attenzioni su ciò che ti appassiona. Del resto non si può essere amorevoli e gentili sempre, e qualche scivolata è inevitabile. L'importante è riconoscerla e silenziarla.

E buon non-giudizio a tutti.

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