Politica

Crocetta resiste al premier. E confessa: volevo uccidermi

Il governatore pronto a riproporre la lista "Il megafono" per spaventare i democratici: "Qualcuno ha capito male"

Rosario Crocetta nella casa di Tusa
Rosario Crocetta nella casa di Tusa

Rosario, ferito nell'onore. Matteo, che va per le spicce. Crocetta, uomo nella tormenta. Renzi, i-pad-i-phone-premier . Sui fusi orari dell'umanità passa il confine tra realtà e finzione.

Qui Gerusalemme. Il segretario di un partito sbiadito gestisce quella siciliana come una classica storia semplice . Per capire, ci vorrebbe troppo tempo. Gli uomini dello staff però organizzano la pressione mediatica, quotidiani di corte sminuzzano il governatore nel tritacarne, vengono istruiti processi in contumacia con tanto di «dossier sul tavolo». Si attende solo il ritorno dell'ammazzasette che recida il filo. Mazzi di quaquaraquà , al Nazareno e fuori, discettano della data più propizia per le elezioni anticipate in Sicilia.

Qui Palermo. All'orizzonte manca l'Etna in fermento, ma solo perché basta Rosario in colata lavica fin dal mattino. Un fiume interminabile che attraversa Radio24 ( Effetto notte e Zanzara ) e l'agenzia Adnkronos . Altro che giunta «appassita» e dimissioni docili al volere del giovin segretario. Crocetta porta un nome che non rende merito all'animo uncinato. Pur se al primo impatto stava per cedere, racconta: «Avevo già trovato su internet il modo sicuro per suicidarmi, poi mi ha salvato il procuratore Lo Voi».

Un animo scampato alla pena capitale diventa un animo indomabile. Già pronto (ieri gli ultimi incontri dei coordinatori provinciali) a fare della lista personale, il Megaf ono , il partito della sfida. Quello che darà filo da torcere a chiunque venga giù dal «Continente» con soluzioni strane o straniere. «Qualcuno ha capito male. Non mi dimetto, manco per idea. Darei ragione ai miei carnefici.... Stanno uccidendo secondo per secondo un uomo colpevole di voler tagliare il malaffare... Se il Pd vuol partecipare al massacro di un innocente, non è in grado di tutelare le garanzie democratiche di questo Paese...». L'antimafia, uno scudo magico impossibile da aggirare.

Il governatore alterna momenti di alta drammaturgia al savoir vivre politico. «Renzi parla di exit strategy e di una mia uscita dal governo a settembre? Non me ne frega niente. Non posso lasciare per accuse assolutamente inconsistenti. Non la-scio. In ogni caso, la decisione spetta al Parlamento siciliano, e a nessun altro. Resto fino a fine legislatura, se il Pd mi vuole cacciare lo faccia in modo istituzionale, ritiri la propria delegazione. Oppure presenti una mozione di sfiducia». Un altro fenomenale paravento, quello dell'Ars: un'assemblea che dovrebbe decretare la propria fine anticipata, con l'addio ad appannaggi uguali a quelli, generosissimi, del Parlamento nazionale. Neppure i grillini sono così matti, e per ora si limitano ad abbaiare. Se la sentiranno i piddini di mordere con una mozione di sfiducia? Crocetta sa come tagliare il burro del «fuoco amico», quello del Pd. Ma sa anche come tornare in un attimo al dramma antico. Capovolge le carenze della propria giunta, grida contro gli «eversori», lamenta lo « shock stragista diventato ora gossip di provincia», si barrica dietro privacy e capiente scudo dell'omofobia, reclama una commissione d'inchiesta, chiama all'insurrezione di popolo contro queste «schifezze». Rosario, in definitiva, mostra attributi che altri non hanno, e nulla è più scontato.

Matteo, almeno in Sicilia, ha incontrato finalmente un osso duro.

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