Crollano le banche ma è l'Italia che trema

La bocciatura dei bilanci bancari arrivano adesso che il clima è cambiato: da tre mesi i mercati sono delusi dal governo. E preoccupati per i conti

Crollano le banche ma è l'Italia che trema

Solo chi non voleva vederli poteva ignorare i segnali di un clima internazionale mutato in peggio nei confronti dell'Italia e del suo governo. I risultati degli esami sulle banche resi noti domenica non hanno che reso drammatico questo momento, con il crollo della Borsa del 2,4% e lo spread in aumento a 170 punti. Un allarme di cui sarebbe bene che il premier e i suoi ministri tenessero buon conto.

A Washington, a settembre, durante l'ultimo vertice del Fondo monetario, più di uno degli autorevoli analisti italiani presenti è stato preso da parte da interlocutori stranieri curiosi di capire dove portasse la legge sul Senato, a che punto fosse quella elettorale o quando sarebbe arrivato il Jobs Act. Più tardi, a Londra e a Parigi, negli incontri riservati organizzati da banche o consulenti privati con esponenti del governo italiano, le domande erano ancora le stesse, ma più incalzanti. Il 15 ottobre, indiscrezioni sulla tenuta delle banche greche hanno abbattuto la Borsa di Milano del 4,5%. Una settimana dopo, 21 ottobre, il Financial Times ha cancellato l'annuale summit sull'Italia già programmato a Roma per metà novembre.

Il clima, fino a 2-3 mesi fa, non era questo. La Borsa italiana era tra le migliori d'Europa nel 2014, guadagnava il 25%, mentre i Btp rendevano meno del Gilt del Regno Unito. Poi sono arrivati i problemi. La recessione, con il secondo calo del Pil trimestrale, è stata certificata. Con l'avvicinarsi della Legge di stabilità il governo ha iniziato a cavalcare la flessibilità di bilancio. Mentre di riforme si continuava a parlare senza vederne. Così è iniziata la correzione (da luglio a ieri Piazza Affari ha ceduto il 13,5% e lo spread dei titoli spagnoli è tornato a essere più stretto del nostro); così il Paese è tornato sotto i riflettori. E, come spiega bene un esperto quale il vicedirettore centrale di Banca Akros, Gianluca Verzelli, «questi stress test sono arrivati a scadenza nel momento più difficile e sfortunato che si potesse immaginare». In realtà dietro la bocciatura di alcune banche italiane c'è il timore che i conti del Paese siano di nuovo a rischio come lo erano tre anni fa.

Ma se fino all'estate scorsa l'Italia è stata sopravvalutata, ora il rischio è quello inverso. E questi stress test ci dicono anche questo perché sostenere che le banche italiane siano le peggiori d'Europa non ha fondamento. E il primo che lo sa è il presidente della Bce Mario Draghi. Innanzi tutto perché Roma ha prestato agli istituti nazionali in difficoltà per la crisi solo 4 miliardi contro i 250 di Berlino e i fondi utilizzati da Spagna (60 miliardi), Irlanda e Olanda (50 miliardi a testa). Poi perché la struttura stessa dell'esame Bce - che testava i bilanci bancari al 2016 in uno scenario di un Pil ridotto del 13%, disoccupazione in aumento del 3,5% e prezzi delle case giù del 30% - era ovviamente penalizzante per il Paese che soffre più di tutti in Europa. E per di più, la comunicazione dei risultati era stata strutturata per essere ben poco spiegabile: 9 banche italiane su 25 venivano bocciate, ma sui bilanci di un anno fa. Mentre con i conti aggiornati le 9 banche in difficoltà si riducono a 2, per un fabbisogno totale di 3 miliardi, di cui uno già erogato dallo Stato. Tuttavia anche questo è un allarme. Perché significa due cose: la prima è che la Banca d'Italia non ha forse, a Francoforte, quel peso politico che le avrebbe permesso di evitare un percorso così accidentato; la seconda è un segnale per Renzi.

Perché con l'esporsi apertamente in Europa a favore della flessibilità delle regole e dei numeri ci si espone al rischio di essere duramente bastonati alla prima occasione. Un po' quello che è successo con gli stress test.

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