Tutti contro. L'avvocatura e la magistratura, per una volta a braccetto, e ore pure il Csm. A Palazzo dei Marescialli passa a grande maggioranza, con 17 voti favorevoli e solo 3 contrari, il parere che di fatto boccia il disegno di legge Anticorruzione appena licenziato dal Parlamento. La pietra dello scandalo è la riforma della prescrizione che, a partire dal 1 gennaio 2020, verrà congelata dopo la sentenza di primo grado.
Il partito delle toghe è sempre stato favorevole a una modifica più restrittiva delle norme, ma la svolta voluta dalla maggioranza gialloverde va troppo in la' e scontenta tutti. «Bloccare la prescrizione dopo il primo grado - riassume Alessio Lanzi, consigliere laico di Forza Italia - vuol dire di fatto allungare i tempi dei processi perché non ci sarà più il rischio che i verdetti dei tribunali vadano in fumo in appello. E questo significa che gli imputati rimarranno tali per periodi lunghissimi, andando contro il principio costituzionale».
Scenari non incoraggianti per la già ansimante giustizia tricolore. E non rassicura nemmeno l'intesa politica che lega il giro di vite a una revisione dei meccanismi oggi inceppati del sistema giudiziario. Difficile, molto difficile immaginare che nel giro di un anno la macchina che perde pezzi venga riparata e recuperi efficienza.
Così la nuova prescrizione rimescola le carte, ridisegna gli schieramenti e capovolge gli equilibri: i togati, indispettiti anche perché il parere arriva ormai a cose fatte, esprimono pollice verso. Tutti tranne i duri di Autonomia e indipendenza, Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita. «La prescrizione oggi in Italia - tuona Davigo - ha il ruolo che per anni ha avuto l'amnistia. Un sistema serio non ha né amnistia né prescrizione, che incentivano i furbi, con intenti dilatori». E ancora: «Mi sarei aspettato che il parere dicesse che siamo esposti a una procedura di infrazione europea per il nostro sistema di prescrizione, e invece nemmeno una riga».
Il Csm va da un'altra parte e si mette di traverso al governo, anche se oggi la voce di Palazzo dei Marescialli è meno temuta di qualche anno fa. Ci sono divergenze su alcuni aspetti del parere, ma alla fine, a colpi di emendamenti, si crea un fronte trasversale che dovrebbe far riflettere Lega e 5 Stelle. In particolare Lanzi, fra i più battaglieri al plenum, riesce a far togliere dal documento la richiesta di avviare una comparazione con gli altri Paesi europei. «Non ha senso - spiega l'avvocato del foro ambrosiano - valutare la prescrizione senza considerare i sistemi che sono molto diversi». Altre bordate vengono indirizzate contro il daspo per i corrotti, uno strumento troppo sbilanciato verso il giustizialismo.
Alla fine, a schierarsi contro il parere, e in qualche modo a promuovere l'esecutivo, è, oltre alla coppia Davigo - Ardita, solo il laico 5 Stelle Fulvio Gigliotti. Persino Emanuele Basile della Lega si unisce all'opposizione di Forza Italia e delle toghe «moderate». Uno schiaffo per la maggioranza pigliatutto.
E da Montecitorio Pierantonio Zanettin di Forza Italia convoglia i dubbi in una grande domanda: «Dopo il no del Csm e i rilievi di natura costituzionale, il presidente Mattarella promulgherà ugualmente la legge?». La parola passa al Quirinale.
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