Magistratura

Il Csm non cambia mai. Censurata la magistrata che subì abusi dal pm

Punita la Sinatra perché in una chat privata chiese di ostacolare la nomina di Creazzo

Il Csm non cambia mai. Censurata la magistrata che subì abusi dal pm

Guai a parlar male del proprio molestatore, la si potrebbe pagar cara. E se si è una donna con la toga indosso, forse è anche peggio. Almeno se questa è l'aria «nuova» che tira al Csm appena insediatosi.

Quello accaduto ieri si potrebbe catalogare come «danno collaterale» dello scandalo Palamara e ha molto a che fare con le intercettazioni e la loro divulgazione, anche se estranee alle inchieste. Lei si chiama Alessia Sinatra ed è una pm palermitana che, a questo punto si può dire, ha la «colpa» di essere molto attraente. Ieri la sezione disciplinare del Csm, l'ha colpita con la sanzione della censura per «comportamento gravemente scorretto» nei confronti dell'allora Procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo.

E chi è questo signore? Quello che nel 2021 è stato condannato proprio dalla sezione disciplinare alla perdita di 2 mesi di anzianità, udite udite, «per aver molestato la collega Sinatra». Più anziano e superiore in grado Creazzo nel 2015 aveva aggredito sessualmente la giovane collega in un corridoio d'albergo, in occasione di una riunione a Roma dei vertici dell'Anm. Lei non lo aveva denunciato per vergogna o per timore delle conseguenze, ma quando divennero di dominio pubblico le chat di Palamara la vicenda conosciuta da pochissimi venne fuori. In un messaggio inviato all'expresidente dell'Anm, all'epoca leader di Unicost, la Sinatra scriveva: «Giurami che il porco cade subito, il mio gruppo non lo deve votare». Si riferiva alla candidatura di Creazzo per la Procura di Roma. Per il «tribunale dei giudici» di Palazzo de' Marescialli la pm palermitana «voleva così tentare di condizionare negativamente i consiglieri per una sorta di rinvincita morale» sul Procuratore di Firenze. E dunque merita la condanna, anche se la stessa pg della Cassazione ha chiesto l'assoluzione.

Nel suo intervento spontaneo la Sinatra ha spiegato che non cercava alcuna vendetta, esprimeva la sofferenza per il «vile gesto consumato dentro l'Istituzione, in un assetto associativo». Un gesto «indecoroso e mortificante, che ha generato ferite profonde». Lei si sfogava con una delle poche persone al corrente dell'accaduto, in una conversazione «in cui si è certi di non essere letti o ascoltati», perchè «nella dimensione privata ogni sfogo dovrebbe rimanere sempre libero». Non è stato così, malgrado questa e tante altre chat non riguardassero le accuse contro Palamara, la procura di Perugia le ha inviate al Csm e tutto è finito sulle pagine dei giornali, sul web, in radio e tv.

Ora Mario Serio, l'avvocato difensore di Sinatra, si dice sbalordito per la condanna di una pm che manifestava «la sua indignazione per la possibile promozione dell'autore» della violenza ed auspicava «in ambito privato» che non fosse promosso. É, aggiunge, «un grave arretramento nella difesa delle vittime di abusi in ambito lavorativo», anche «un precedente pericoloso sul piano giurisprudenziale e del costume sociale». Ci sarà il ricorso in Cassazione e anche azioni nei confronti della procura di Perugia. «Naturalmente - conclude Serio- l'auspicio è che la Cassazione, che finalmente sta per trovare al proprio vertice una prestigiosissima e coraggiosa presenza femminile, pronunci l'appropriata e definitiva parola di giustizia ed equità».

Per quanto riguarda lui, l'avvocato che in passato è stato membro del Csm, dice che questa sentenza lo «priverà in futuro della gioia e dell'onore di difendere magistrati in sede disciplinare».

La delusione è troppo forte.

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