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Il Csm si sveglia e gela le toghe rosse "La questione morale è un'emergenza"

Duro intervento del vicepresidente Ermini ospite di Magistratura democratica. E si appella al Parlamento: "Necessario riformare anche l'organo di autogoverno"

Il Csm si sveglia e gela le toghe rosse "La questione morale è un'emergenza"

L'immagine è quella di un cavaliere senza paura che entra nella cittadella assediata e ordina di aprire porte e portoni e di abbassare il ponte levatoio. David Ermini gela la platea degli iscritti di Magistratura democratica riuniti in convegno a Firenze e spiega con parole tutt'altro che scontate che è improcrastinabile una seria e profonda riforma del sistema giudiziario. Il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura (un passato da avvocato penalista e da rappresentante politico prima nelle file della Margherita e successivamente in quelle del Partito democratico) avverte il mondo delle toghe: la riforma avanzata dal guardasigilli Marta Cartabia è perfettibile ma buona e il Parlamento è il luogo più adatto per renderla ancora più efficace. I tempi per un radicale ripensamento del sistema giudiziario sono maturi. «Tutti sappiamo che lo tsunami che si è abbattuto in questi mesi - dice - è in realtà l'onda lunga di degenerazioni e miserie etiche risalenti negli anni, e sappiamo anche che la gran parte dei magistrati è del tutto estranea all'indegnità disvelata dai ben noti scandali e ne è profondamente turbata; ma altrettanto bene sappiamo che l'attuale crisi è di portata questa volta diversa dal passato e segna il punto di non ritorno». Parole pesanti che, pronunciate dal vicepresidente dell'organo di autogoverno del potere giudiziario, rendono vivida testimonianza dello stato di crisi del sistema.

Per la sua denuncia, Ermini usa l'espressione «emergenza democratica». Espressione che non lascia adito a dubbi sulla necessità di un cambio di passo. «La questione morale nella e della magistratura, per l'impatto e le ricadute sull'opinione pubblica, più che questione democratica è ormai una vera emergenza democratica. Il crollo di fiducia che ha colpito l'ordine giudiziario e il suo organo di governo autonomo mina alle fondamenta la legittimazione democratica della stessa giurisdizione».

Entrato nel Csm nel luglio del 2018 (e due mesi dopo eletto vicepresidente), Ermini ha avuto agio di osservare dal suo interno gli anni più difficili di quest'organo. E davanti alla platea di Magistratura democratica sottolinea il punto debole di buona parte della categoria dei giudici. «Mi rivolgo a ciascun magistrato perché si interroghi in coscienza innanzitutto sui danni del carrierismo fine a sé stesso - dice -, virus letale e motore di scambi immorali che hanno inquinato la vita consiliare. Il carrierismo va rifiutato non solo perché in contrasto con il dettato costituzionale che distingue fra loro i magistrati soltanto per diversità di funzione ma perché lede l'indipendenza dei magistrati e la credibilità dell'istituzione giudiziaria tutta».

Gli intrecci tra politica e magistratura svelati dal «caso Palamara» dimostrano che anche lo stesso organo di autogoverno delle toghe ha bisogno di una riforma. Constatazione che Ermini condivide con la platea di Magistratura democratica. «La riforma del Csm è essenziale. Dopo quello che è accaduto molti chiedevano lo scioglimento del Consiglio, ma fare questo un anno o due fa, senza riforma, avrebbe voluto dire rifare sostanzialmente lo stesso Csm di ora. Siamo in attesa che il Parlamento faccia questa benedetta riforma con una legge elettorale nuova. Appena ci sarà la riforma noi faremo immediatamente i nuovi regolamenti, e andremo a elezioni con un sistema rinnovato».

Ermini rimane, però, scettico sui referendum. «Separazione dei poteri, autonomia e indipendenza della magistratura sono principi irrinunciabili - conclude -, che vanno sottratti alle tensioni politiche e mediatiche.

Resto convinto che la sede naturale per riforme condivise sia il Parlamento anziché un percorso referendario che, in ragione della sua natura necessariamente abrogativa, potrebbe condurre esclusivamente a esiti parziali e asistematici».

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