Lettere d'amore

"Il cuore è giovane ma noi invecchiamo"

Pubblichiamo alcune delle molte lettere d'amore giunte in redazione. Continuate a scrivere a letteredamore@ilgiornale.it

Gli amanti di Magritte
Gli amanti di Magritte

Leggere questa lettera d'amore alla fidanzata è una vera festa per chi, come me, ama il Freud scrittore. E sottolineo scrittore. Mi ha fatto tornare alla mia adolescenza e alla scoperta de L'interpretazione dei sogni , quando a conquistarmi fu proprio lo stile di Freud. Una chiarezza esemplare nell'esposizione pur in un testo scientifico. Ricordo che mi sentii preso letteralmente per mano da Freud e condotto in un fantastico viaggio attraverso i meandri della psiche umana, per arrivare infine all'inconscio, il nucleo centrale della psicoanalisi. Pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, un mondo nuovo si schiudeva davanti a me. Amo i grandi classici del romanzo, ma quando mi chiedono di consigliare un libro a un ragazzo, consiglio sempre L'interpretazione dei sogni e di mettersi nelle mani di Freud. Oltre che un piacere, leggerlo è uno stimolo a non fermarsi alla superficie delle cose e una sfida al conformismo imperante, oggi ancora più di allora. Scusate la sbrodolata, ma non ho saputo resistere. Saluti e simpatia.

Caro amore, è diventata ormai quasi una diffusa perversione, specialmente tra innamorati come noi due, l'uso di coniugare con i «sempre» e con i «mai» i verbi del nostro lessico abusato. Non ci basta l'amore. Una forza misterica ci induce a non accontentarci: ci spinge ad elevare alla enne ogni nostro sentire, a creare prospettive all'insegna dell'infinito. Abbiamo bisogno di sentirci rassicurati che le gioie che sappiamo scambiarci oggi saranno eterne. Eppure, anche negli attimi più ardenti, proprio mentre ci sciogliamo l'uno nell'altra, chiediamo e cerchiamo l'infinito, e le risposte non ci bastano mai. Così, tanta della gioia che ci scambiano cade nel vuoto di quel marsupio sfondato dove tendiamo a stiparne quanta più possibile per i giorni che verranno. Se pure verranno; noi sfacciatamente certi dell'incerto. E quanta gioia si deteriora da sé per la nostra intempestività ad attendercela o a riconoscerla per ciò che è? E quanta si deteriora nello stantio dei nostri ricordi spesso distorti o al contagio di assurdo aspettative? Tu perdonami le mie, se puoi.

Michela

Amore mio! Quante lettere ti ho scritto, quante lettere d'amore ti ho spedito, ti ho messo sul comodino, in mezzo all'agenda... e a volte ne ho stracciate... Anche questa lettera non ti arriverà perché la scrivo col cuore in pena. Siamo insieme da tanti anni, tu non vuoi sapere quanti, perché dici che ti senti ancora un ragazzino... Io no, quest'anno mi sono piombati addosso di colpo tutti gli anni che abbiamo. Quest'anno la malattia è entrata direttamente nella nostra vita; insieme abbiamo superato tutto, ma il pensiero del morte si è prepotentemente affacciato, per la prima volta. E per contrapposizione quanti ricordi, quante immagini. Mano nella mano, le canzoni d'amore che parlavano di noi, le attese di una telefonata davanti alle cabine telefoniche, gli abbracci strettissimi quando ci rivedevamo...Sono tornati tutti ad affollare la mia mente. Ti guardo mentre dormi e mi prende la paura...quando uno di noi due non ci sarà più? Ti amo, con la stessa intensità, la stessa tenerezza, lo stesso amore, la stessa passione di tanti anni fa. Ti amo con la stessa fiducia, anche se adesso temo il futuro. Per questo non ti farò leggere questa lettera, perché voglio che invece tu abbia ancora le stesse illusioni, la stessa magia di allora.

Maria

Caro Federico, prima di amare te, o amato, e di un amore insensato, tuo nonno: Federico I, il Barbarossa. Con lui ho sognato notti folli d'amore. Solo sognato perché il mio era un amore senza speranza; impensabile contendere il fascinoso Cesare all'adorata Beatrice. Sempre uniti; nei giorni di gloria e nel dolore... Ma tu Federico, il II, il nipote, sei un'altra cosa. Delle tue 3 mogli, hai amato solo la prima: Costanza, la venticinquenne vedova già Regina d'Ungheria che a te, ragazzo quindicenne, Re di un Regno di Sicilia disastrato –però citra et ultra pharum- ha fatto da Amante, da Maestra e da Madre; è l'unica che hai voluto Imperatrice... Morta la compianta Costanza ed usate le nuove mogli – direi con risultati piuttosto scarsi – per produrre Regale Prole, più che all'Amore ti sei dato al Sesso prolifico. Dalle tante amanti, e di alcune non conosciamo il nome, hai avuto una marea di figli di cui, dobbiamo riconoscere, ti sei sempre interessato... Ama dunque anche me, Federico; amami ed io potrò amare in te anche tuo nonno, il Barbarossa. Per sempre perdutamente tua,

Concetta Maria Alda Malcangi

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